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giovedì 28 maggio 2015

Ancona e la Grande Guerra

AL VIA VENERDI' CON LUCCARINI IL PROGRAMMA DEL CINEMA MENTRE SABATO PRESENTIAMO IL LIBRO "IL 24 MAGGIO DI ANCONA" DI LUCIO MARTINO, MOSTRA APERTA 
 
Dopo la straordinaria "due giorni" dell'inaugurazione riprende venerdì sera con la rassegna di cinema il programma "Ancona nella Grande guerra" alla Polveriera del Parco del Cardeto.

In calendario venerdì (29 maggio) alle 21 è il film "All'ovest niente di nuovo" di Lewis Milestone del 1930. Premio Oscar, il film è considerato un capolavoro del cinema bellico e del cinema antimilitarista. Presenta Antonio Luccarini. 

Per sabato 30 è invece in programma, alle 18, la presentazione in anteprima (con immagini) del libro del giornalista Lucio Martino, intitolato "Il 24 maggio di Ancona" (Eidon edizioni). Sarà presente l'autore che nella circostanza parlerà anche dei contenuti del suo volume precedente intitolato "La Grande guerra in Adriatico" (ed. Il Cerchio), con prefazione di Franco Cardini.

Sempre aperta - in occasione degli eventi (quindi anche venerdì sera) - è la mostra "Ancona nella Grande guerra" che osserva comunque i seguenti orari: sabato dalle 17 alle 20 e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.  

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dott. Sergio Sparapani Settore Beni e Attività Culturali, Biblioteche,Turismo tel. 071-222.3125 fax 071-222.5015 mob: 338.7019177 e_mail sergio.sparapani@comune.ancona.it

lunedì 4 maggio 2015

Ricordando Duranti: Il primo giornalista Caduto nella Grande Guerra. Relazione

Ancona 8 maggio 2015
La Rossa Avanguardia delle Argonne
Di
 Massimo Coltrinari
(massimo.coltrinari@libero.it)

 Bozza-guida

Il 2 agosto 1915, quindi, l’Italia proclama la sua neutralità. Ma è una neutralità che non può rimanere statica in attesa degli eventi. Venerdì 2 Agosto a Rimini è convocata una riunione privatissima congiunta della Commissione Esecutiva, del Comitato Centrale, del Gruppo parlamentare e di personalità del partito, ed il giorno dopo, lo stesso durante il quale il Governo Italiano annuncia la neutralità italiana, pubblica l’ordine del giorno di detta riunione in cui si ribadisce l’opposizione a qualsiasi fiancheggiamento degli Imperi centrali.
Nel campo della sinistra antimilitarista e repubblicana immediatamente ci si muove in quella direzione che sarà la novità essenziale del finire del 1914 e dell’inizio del 1915: ovvero la partecipazione alla guerra contro l’Austria-Ungheria, nel solco del primo risorgimento. In questa visione chiara e definita, gli uomini della sinistra repubblicana, passarono subito all’azione costituendo un Comitato Segreto, che quasi immediatamente articolò il suo operato su tutto il territorio nazionale. La prima riunione di questo Comitato si tenne a Milano l’11 agosto 1914. Al termine lancia il primo proclama a favore della guerra all’Austria-Ungheria, proclama che porta la parola d’ordine, divenuta famosa, concepita e scritta da Arcangelo Ghisleri “O sui campi di Borgogna per la sorella latina o a Trento e Trieste”.
E’ l’interventismo in tutta la sua portata storica. Praticamente la fine della “Settimana Rossa” nei suoi contenuti di rivolta sociale e antimonarchica. D’ora in avanti Governo e Re, monarchia e classi conservatori sono in parallelo con la sinistra repubblicana e socialista, in un rinnovato spirito unitario nazionale.
Il manifesto con l’indicazione di Ghisleri è stampato in migliaia di copie e diffuso in tutta Italia; sequestrato a ripetizione ed immediatamente ristampato. I membri del Comitato, individuati, vengono denunciati penalmente (saranno scagionati con l’amnistia proclamata al momento della dichiarazione di guerra).

Cesare Briganti e Carlo Bassi ricevono mandato per contattare le autorità militari francesi per avere l’appoggio della flotta d’oltralpe per un colpo di mano su Trieste, che si voleva mettere in atto da volontari garibaldini, che si sarebbero concentrati in Romagna.
A Senigaglia, per iniziativa di Giuseppe Chiostergi, il 10 agosto si da avvio alla costituzione di un battaglione di volontari per la difesa costiera; il 23 agosto il Partito Repubblicano Italiano, anche se frena sugli arruolamenti, è sempre più deciso ad opporsi alla guerra a fianco della Germania e qualora si addivenisse a questa risoluzione, non esita a dichiarare che sarà la rivoluzione, per impedire alla Monarchia una guerra a fianco dei Tedeschi.
Su iniziativa dei deputati repubblicani Chiesa, Ceppa, Colajanni, Acà, Sighieri, Pansini, Mazzolari, Saraceni, Auteri, Beretta, a cui si associa il socialista De Felice Giuffrida chiedono la convocazione del Parlamento, a cui Salandra, primo Ministro, risponde che il governo non vede che ci siano fatti tali da riaprire la Camera.
Iniziative ancora più concrete sono prese a Parigi da alcuni italiani che firmarono, in un caffè del Boulevard de Strasbourg, un invito ai propri connazionali di costituire un corpo di volontari da mettere a disposizione del Ministero della Guerra Francese. Il giorno dopo, 1 agosto 1914, circa tremila italiani si trovano nel luogo convenuto. Al termine della manifestazione viene scritto un proclama, in cui tra l’altro si legge:

Dobbiamo tenerci pronti a marciare.. se la Germania dichiarala guerra. E se l’Italia, alleata della Germania, marcia al suo fianco, sappia che troverà più di quarantamila italiani alla frontiera delle Alpi Marittime, che l’attendono a braccia incrociate e che essa dovrà marciare sul petto dei suoi figli prima di entrare in Francia”.

Questa manifestazione è il primo nucleo della futura Legione Garibaldina.
Sul finire di agosto, la Direzione del Partito Repubblicano Italiano aveva stabilito contatti ed intese con il Governo Francese ed il 23 agosto Peppino Garibaldi, figlio di Ricciotti, si mette a disposizione. Il 5 settembre il ministro della guerra francese, Millerand, autorizza la costituzione di una Legione Italiana che si concentrerà a Marsiglia.[1] In questa città si costituì quasi subito un primo nucleo, che fu definito “Compagnia Mazzini”.
La situazione era, dal punto di vista politico, molto confusa. Il Governo francese, che, sì accettava i volontari italiani, non aveva intenzione, però, di impiegare la compagnia ed i volontari italiani sul confine italiano, come desiderava il Partito Repubblicano e tutti i volontari, per non fare pressioni sul Governo Italiano.
Sulla base di questa situazione, la “Compagnia Mazzini”, su disposizione della direzione del Partito Repubblicano Italiano riunita a Firenze, fu sciolta ed i volontari lasciati liberi.
Nel contempo, però, senza una “etichetta” di partito e politica si stava costituendo la Legione Garibaldina, con a capo Peppino Garibaldi, con il I ed il II battaglione a Montelimar, mentre il III a Nimes. Era una unità apolitica e solo espressione del “garibaldinismo” e quindi vista di buon occhio dal Governo Francese, che non doveva affrontare implicazioni politiche con l’Italia. Rimanevano a rappresentare il Partito Repubblicano presso lo Stato Maggiore della Legione Cesare Briganti, Ernesto Re e Carlo Bazzi.
Se la Legione non avesse potuto agire liberamente in Francia, il Partito Repubblicano si era impegnato con Peppino Garibaldi a fornire ogni aiuto per poter combattere contro l’Austria, evidentemente in appoggio all’Esercito serbo.
I Volontari garibaldini furono inquadrati, dopo trattative tra lo stesso Peppino Garibaldi e il Ministero della Guerra francese, nelle fila dell’Esercito francese, secondo le norme in vigore per la Legione Straniera[2], scartando l’idea di costituire un Corpo Franco o altro similare. Al termine di queste trattative fu costituito Il 4° Reggimento di Marcia del 1° Reggimento Straniero (reggimento garibaldino) dal Ministero della Guerra con telegramma in data 5 novembre 1914.[3] Con i quadri già nominati, venivano definitivamente costituiti e resi operativi i depositi di Nimes e Montelimar che, con ordine ministeriale del 3 novembre, costituirono il predetto 4° Reggimento di marcia del 1° Reggimento Straniero, chiamato Reggimento garibaldino in termini di burocrazia militare.
Le compagnie avrebbero dovuto contare 250 uomini ed il reggimento quattro battaglioni di quattro compagnie ciascuno per un totale di 4000 uomini. Ma al momento dell’impiego in linea i battaglioni erano tre con una forza effettiva media di 800 uomini. Ovvero la Legione Garibaldina consisteva in 2400 volontari in tutto sui 4000 che si pensava di avere.[4] Pertanto la “Rossa avanguardia delle Argonne” consisteva in 2400 italiani volontari.[5]
I Volontari ebbero un intenso addestramento che durò per tutto novembre e metà dicembre. Chiostergi e tanti volontari marchigiani sono inquadrati nel reggimento e Chiostergi, che aveva rifiutato i gradi di Ufficiale[6] fu assegnato come soldato di 2a classe nel 4° Reggimento di Marcia nel 1° Reggimento Stranieri, I Battaglione, 4a compagnia.
La vita del volontario è dura e l’addestramento ha termine nella terza settimana di dicembre. La Legione Garibaldina viene deciso di inviarla in linea. Il 24 dicembre, lasciati i quartieri di addestramento, la Legione giunge alla Maison Forestière ed il Natale è passato sotto tenda. Ed entra in linea, nel settore del V Corpo d’Armata, 10a divisione.
Nel Diario di Camillo Marabini si legge:

Pierre Croisè, 25 dicembre sera. Natale tragico. Le compagnie sono collocate in linea spiegata a ridosso della collina, a pochi metri dal costone. E ciò perché i proiettili dell’artiglieria nemica non possono farci danno. Infatti o il tiro dei cannoni tedeschi è corto ed allora… non ne parliamo; se l’obice passa e, in questo caso, per quanto rasenti la cima, non può che cadere una cinquantina di metri dietro di noi”[7]

L’attacco è per il 26 dicembre: è la battaglia di Bolante, che così viene descritta:

Raggiunsero i garibaldini il 26 dicembre gli obiettivi a loro assegnati? Evidentemente no. La trincea nemica non fu conquistata. Perchè? Perché il lavoro preparatorio che il Genio avrebbe dovuto compiere nella notte antecedente all’attacco non fu eseguito. I reticolati che impedivano l’avanzarsi verso la trincea tedesca non sono stati tagliati. Gli scalini d’uscita delle trincee non sono stati costruiti. Sicchè i soldati dovettero arrampicarsi con molte difficoltà per uscire da trincee alte due metri. Inoltre il Comando della 10a divisione cambiò il terreno all’ultimo momento. Di modo che i Garibaldini si lanciarono alla baionetta contro una trincea che credevano tedesca, e, invece, si trovarono innanzi una trincea francese vuota. Fu proseguito l’attacco per ordine del colonnello Valdant, comandante la Brigata, contro la linea nemica e, per attraverso terribili difficoltà, in certi punti si addivenne a furiosi corpo a corpo. Ciò è dimostrato da coloro che furono feriti d’arma bianca tedesca. A questo punto sorgono due versioni: c’è chi sostiene che il nemico sia rimasto sulle sue posizioni. C’è chi giura che i tedeschi abbiano fatto saltare la loro trincea. Certo fu udito ad un certo punto un terribile scoppio e vi fu lancio di pietre e sommovimento di terra. Ma erano bombe a mano? La grossa artiglieria francese che bombardava? Senza dubbio la prima linea nemica fu ridotta in malo modo.”[8]

In questo combattimento, che è per i volontari italiani fu il battesimo del fuoco, cade Bruno Garibaldi e la notizia immediatamente giunge in Italia, avendo ampia risonanza.
Ma le operazioni proseguono e il 5 gennaio 1915 la Legione Garibaldina è impegnata nella battaglia di Courtes Chaussées e di Four de Paris.[9] Il comunicato della Stefani del 7 gennaio così riporta la battaglia:

Il combattimento impegnato il 5 gennaio corrente del reggimento comandato del colonnello Giuseppe Garibaldi e durante il quale è caduto l’aiutante Costante Garibaldi si è svolto nelle condizioni seguenti:
Nella notte del 4 e 5 gennaio il reggimento fu mandato ad occupare le trincee nella foresta delle Argonna a nord del villaggio di Le Caen. Dinanzi tre trincee francesi se ne trovavano tre occupate dai tedeschi: la distanza tra le due prime trincee nemiche era di 60 metri. Tra le stesse trincee corre uno stretto sentiero della foresta. Le trincee francesi furono occupate dal primo e dal terzo battaglione del reggimento volontari italiani mentre il secondo battaglione si stendeva a sinistra della trincea stessa ed era collegato al resto del reggimento per mezzo delle truppe coloniali francesi. Entrati in trincea alle due del mattino del 5 corrente i volontari italiani intrapresero subito gli scavi per portarsi sotto le trincee nemiche e minarle. Alle 6 del mattino le operazioni erano compiute e la metà della trincea tedesca saltava in aria mentre i Garibaldini sbucando improvvisamente assalirono l’altra metà della trincea.
La resistenza fu accanitissima ma i tedeschi dovettero ritirarsi. Fu in questo momento che, colpito da una fucilata alla gola, cadde l’aiutante Costante Garibaldi. Raccolto dal fratello, capitano Ricciotti e da due volontari egli fu trasportato in una ambulanza vicina ove morì dopo quindici minuti.
Intanto il primo ed il terzo battaglione continuando l’attacco impetuoso, si slanciarono sulla seconda trincea tedesca e dopo un lungo violentissimo combattimento riuscirono ad impadronirsene, uccidendo e fugando i numerosissimi soldati che la difendevano. Nel tempo stesso il secondo battaglione del reggimento si trovava a sinistra delle trincee fu attaccato insieme con le truppe francesi che gli stavano al fianco da una forte colonna tedesca, la quale, dopo una vivacissima lotta, fu respinta con un vigoroso assalto alla baionetta e con gravi perdite.
Durante queste due azioni l’artiglieria francese cannoneggiava con fuoco rapidissimo il terreno retrostante alla trincee nemiche rendendo difficile l’avanzata di rinforzi.
I legionari italiani furono poco dopo sostituiti nelle trincee da essi acquistate con le truppe francesi, e si recarono per riposarsi dal lungo combattimento, nel villaggio di La Claon, salutati lungo tutto il tragitto dalle acclamazioni dei soldati francesi. Il reggimento dei volontari italiani fece 250 prigionieri; due mitragliatrici tedesche andarono distrutte nella esplosione della prima trincea; altre tre mitragliatrici e due lanciamine furono presi nella seconda trincea tolta al nemico.”[10]

Il comunicato tedesco  così riassume la battaglia: “Nella parte occidentale della foresta dell’Argonna le nostre truppe hanno guadagnato terreno. L’attacco annunciato il 5 gennaio nella parte orientale della foresta dell’Argonna, nel bosco di Courtes Chaussées, si è sviluppato fino alle nostre trincee, ma il nemico è stato respinto dalle nostre posizioni su tutta la linea, con gravi perdite. Le nostre perdite sono state relativamente minime.”[11]

Nel momento che cade Costante Garibaldi è ferito anche Giuseppe Chiostergi.
Scrive Camillo Marabini riguardo Chiostergi:

Un’altra torma della quarta compagnia ha seguito Costante. Egli è saltato in piedi, sul parapetto di una trincea, deve aver visto qualche cosa che avveniva avanti a noi, perché, concitato ha urlato ai suoi: - Presto di qui! – E s’è slanciato in avanti. Lo hanno seguito Chiostergi, Guardati, Pavolini, Guarini, Cannas, Montanari, Rovida, il maresciallo Cravino. Il caporale Pacini. La terza trincea è stata presa, ma i volontari non ci sono entrati. Si sono distesi dietro il parapetto che loro serviva magnificamente da scudo facendo fronte al nemico. I Tedeschi avanzano ancora, la trincea è difesa soltanto da un pugno di uomini perché molti sono andati indietro a portare i prigionieri. Avviene così che siamo costretti a ripiegare sulla seconda trincea. Montanari e Pacini cercano di sollevare Chiostergi. E’ impossibile. Chiostergi esorta i compagni ad andarsene. Pacini ubbidisce, ma Montanari no, rimane vicino all’amico.”[12]

Chiostergi, ferito ed impossibilitato a muoversi, cadde prigioniero dei tedeschi e per mesi della sua sorte non si seppe nulla; in molti lo davano Caduto. I quotidiani del 5 gennaio in Italia lo davano per Caduto e compaiono articoli, anche nei giorni seguenti, in cui si commemora la sua figura e la sua azione. Il Partito Repubblicano Italiano a Senigallia pubblica un manifesto in onore della morte di Chiostergi. Il 9 gennaio esce il manifesto del Comune di Senigallia, a firma del sindaco Aroldo Belardi.
Tra le perdite contate tra i volontari oltre ad altri e a Costante Garibaldi, vi è la dolorosa perdita dell’anconetano Lamberto Duranti.
Anche le ultime ore di vita, oltre del senigagliese Chiostergi dell’anconetano Lamberto Duranti sono descritte da Camillo Marabini:

“Four de Paris 5 gennaio 1915 Ore 08.00. Alle tre siamo arrivati nella prima linea di trincee. Per giungerci essa è sul ciglione della collina, abbiamo camminato con l’acqua fino ai ginocchi. Ogni tanto un colpo secco nell’aria acuto e mille echi: una fucilata. Dall’una e dall’altra parte, da quattro mesi si spara sempre. Le sentinelle sparano così per ingannare il tempo. E’ una guerra che non conosce soste. Dispongo gli uomini in gruppi, avanti alle scalette, pronti ad uscir fuori, la baionetta inastata. Fa freddo. Tre ore ancora, immobili così. C è da gelare. Poi, man mano, il cielo si rischiara lassù in alto. Faccio un ultimo giro di ispezione. Mi aiuta il buon Zanotti. Ma Duranti non viene. Gliel’ho raccomandato quando mi è passato accanto e mi ha detto:”Ritornerò qui” Ma invece non si vede. Sono le 5 e mezza. L’artiglieria ora accelera il tiro. E’ un inferno. L’aria si scuote si sposta come fosse acqua smossa da un bastone in una tina. Dicono che ora piombino oltre cinquecento granate al minuto sulla trincea tedesca che è a settanta metri innanzi a noi. Le “marmitte” passano rasentando le nostre teste. Poi uno schianto ed un tonfo. I fischi, il frastuono, i lampi, è un inferno. Siamo storditi. La mente è tutta un’eco di sibili, di miagolii, di scosse. Poi ad un tratto un silenzio cupo. Si ha l’impressione stessa che si prova e s’inabissa, quando navigando, il vapore ha la prua nel vuoto e s’inabissa nell’onda. Uno spasimo nelle viscere. Una nausea nella gola. Poi un urlo indistinto. Ah la mitragliatrice! Conosco la tua voce. E le palle che sibilano ed i soldati che cadono. Ah, ci siamo. A terra! Si spara. Quanto? Ecco Cappabianca che viene, correndo, verso di me:
-          Marabini, Duranti è ……morto
Ho l’impressione di una mazzata sul capo. Rispondo…non è vero!”
………
Four de Paris 5 gennaio 1915 Ore 10.00.
“Si, è vero. Duranti è morto. Ha ricevuto l’ordine di attaccare; non ha mosso ciglio. Anche lui ha chiesto l’ordine scritto. L’ultima ribellione di chi sa di condurre i suoi uomini alla morte sicura. Avutolo, cava il taccuino, straccia un foglio e scrive con il lapis “Per Marabini: in caso di disgrazia telegrafi ad Annibale Marinelli ed Enrico Schiocchetti. Via Cialdini 24, Ancona.”[13]
Poi gli sovviene, certo, di avermi promessa una sua fotografia per il Giornale d’Italia. Ne prende una dalla tasca della “vareuse”, la mette in mezzo al biglietto piegato, scrive sul dorso “la fotografia  per il giornale” e passa il tutto al Capitano Cappabianca: “Dallo a Marabini.”
E monta risolutamente sulla scala. Giunto in sommità si rivolge agli uomini che lo seguono:
“Venite a vedere come muore un garibaldino.”
Si avanza sparando la rivoltella. Una palla lo prende nel cuore. Il corpo viene portato in trincea.
“Cosa hai? Gli dice Cappabianca.
“Sono ferito.. datemi da bere”
Cappabianca gli porge la fiaschetta.
“..Ah..muoio muoio per la repubblica” e spira.
Un soldato… Catella, che gli è accanto e che è ferito gravemente ad una coscia, respinge gli infermieri gridando:“Salvatemi il mio tenente. Io non ho nulla”E sviene dallo spasimo.” [14]

Le vicende di Chiostergi e di Duranti sono la testimonianza del fatto che le Marche, e l’area dell’anconitano, in particolare già erano nel clima della Guerra. A Senigallia e ad Ancona la notizia della loro morte, o presunta morte, ebbe una vasta eco, ed alimentò ancor più l’adesione di sinistra dell’interventismo.
Sul piano militare la Legione Garibaldina venne ulteriormente impiegata l’8 ed il 9 gennaio in un altro duro combattimento che ha il suo centro al Ravin des Maurissons, al Fille Morte ed al Bas Jardinet.
Marabini così descrive questa battaglia:

“La Battaglia di Maurissons, Fille Mort e Bas Jardinet. Della battaglia dell’8 e 9 gennaio 1915 non si ebbero lodi nel comunicato ufficiale. E la ragione è ovvia. In quei giorni i tedeschi parlavano di strepitose vittorie nelle Argonne, di 3500 prigionieri ecc. e non bisognava dare in pasto al pubblico che i reggimenti 46° e 89° fanteria erano stati terribilmente provati e che, per qualche ora, le condizioni dell’Esercito francese, in quella zona, erano state seriamente critiche. Ma quella dell’8 e del 9 fu gennaio la più fulgida delle battaglie garibaldine dell’Argonne. La mattina dell’8 gennaio, il nemico in forze preponderanti, aveva sfondato tre linee di trincee francesi ed aveva rapidamente guadagnato due chilometri di terreno sorpassando la località detta dei Sette Camini. L’artiglieria pesante francese veniva così, improvvisamente, messa in pericolo. Di fanteria c’è n’era pochissima. Se i Garibaldini non avessero prontamente fatto argine, eppoi vigorosamente contrattaccato il nemico sulle sue primitive posizioni e mantenendovelo per ventiquattro ore di seguito, il tempo cioè perché i rinforzi giungessero, tutta la linea che va da Four de Paris a Vanquis avrebbe corso grave pericolo. Boureilles così a caro prezzo conquistata da francesi sarebbe stata minacciata nelle sue basi. E che più importa il “defilè des Islettes” la via ferrata cioè che da Sainte Menehould per Les Islettes e Clermont va a Verdun avrebbe corso l’alea d’essere messa sotto il fuoco dell’artiglieria nemica che si fosse piazzata sulle posizione conquistate. Verdun stessa, dunque, avrebbe potuto vedere bombardata la sua linea di rifornimento. Ma se pubblicamente lo Stato Maggiore francese non potè fare le lodi ai Garibaldini non mancarono mille  e mille forme di applauso e d’entusiasmo.”[15]

Mentre si sviluppavano queste avvenimenti, il 7 gennaio 1915 giunse a Roma la salma di Bruno Garibaldi: durante le esequie al Verano, giunge durante la cerimonia funebre la notizia che anche Costante è caduto in combattimento. E’ un momento di estrema commozione e dolore.
Cesare Briganti, con lo scultore Faino, accompagna a Roma le salme d Costante e di Lamberto Duranti. Questa ultima salma prosegue, poi, per Ancona, dove il 20 gennaio si svolgono imponenti funerali con la partecipazione di oltre 20.000 persone, segno che l’interventismo stava prendendo sempre più campo. Elena Fussi, la fidanza di Chiostergi accorre, a Roma per ricevere la salma di Chiostergi, ma ha la conferma che il suo corpo non è stato trovato. Costanza Garibaldi prega Briganti di raccomandare la prudenza ai quatto figli rimasti sulla linea del fuoco; ma Ricciotti, rivoltosi amorosamente alla moglie, le dice: “Tu, in queste cose non centri” e rivolto a Briganti “Dica ai miei figli di continuare a fare il loro dovere”[16]
Nonostante le raccomandazioni di Ricciotti Garibaldi, di continuare a fare il proprio dovere, consiglio che fu seguito dai suoi figli a da tutti i Garibaldini, la situazione della Legione, dopo i tre combattimenti di fine dicembre e inizio gennaio, non era delle migliori. Dopo i combattimenti del 9 gennaio la Legione fu ritirata dalla linea ed inviata a riposo a Grange Lecomte presso Clermont, nelle Argonne. Le perdite erano state estremamente pesanti. Risultarono circa 300  uomini tra morti  e dispersi e circa quattrocento feriti. A questi settecento mancanti si devono aggiungere un mezzo migliaio di malati. La Legione si era ridotta a poco più di mille uomini, ovvero aveva una forza pari a quella di un battaglione. Qui emerse uno dei problemi irrisolti della Legione, che è comune a tutte le formazioni di volontari. Nonostante i due depositi in funzione, non giungevano dall’Italia nuovi volontari: quindi le perdite non potevano essere colmate con nuovi complementi. In Italia, nonostante tutti gli sforzi, non si riusciva ad arruolare come volontari che pochi uomini, anche perché  il Regio Esercito Italiano aveva iniziato a chiamare alle armi le classi dal 1890 al 1888 ed era attento ad ogni forma di arruolamento volontario; inoltre il Governo francese era preoccupato della ripercussione che si sarebbe avuta in Italia ove fosse giunta la notizia di altri Italiani morti nel volgere di pochi giorni. La Legione Garibaldina fu ritirata definitivamente dalla zona d’operazioni ed inviata a Bar sur Aube. Su iniziativa di Peppino Garibaldi, in considerazione che ormai in Italia in molti erano convinti che la neutralità stesse per terminare e che la guerra all’Austria fosse più che probabile, si avanzò la proposta di sciogliere la Legione, tornare in Italia e mettersi a disposizione delle Autorità Militari italiane. Questa proposta fu accolta ed ai primi di marzo la Legione fu sciolta.[17]
Sul versante dell’interventismo la azione della Legione Garibaldina e del volontariato repubblicano e risorgimentale aveva ben svolto il suo compito di orientare il governo italiano verso precisi obiettivi, primo fra tutti la guerra all’Austria per completare il processo risorgimentale. L’arrivo in Italia delle salme di Bruno e Costante Garibaldi e quelle di altri volontari Caduti come Butta, a Sassari, e Duranti ad Ancona diedero luogo a manifestazioni solenni e grandiose, manifestazioni che danno un preciso segnale al Governo ed al Re. La Legione ha ben meritato di essere chiamata “avanguardia”, per quello che poi succederà nella primavera de 1915, con il Patto di Londra e l’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria.



[1] In contemporanea in Italia si avranno delle denuncie penali contro coloro che operano in questo senso, ovvero di arruolare militari e volontari a favore di una potenza straniera. In particolare è denunciato il segretario del Partito Repubblicano Italiano, il quale era anche accusato di essere in collegamento con agenti francesi in Italia, accusa fermamente respinta.
[2]I Volontari italiani sottoscrivevano solamente un impegno non già per cinque anni come è in uso nella legione straniera, ma per la durata della guerra (con l’intesa che se l’Italia fosse intervenuta nella guerra anche questo obbligo sarebbe stato sciolto) né contraevano assolutamente alcun obbligo relativo alla cittadinanza francese. Nessun premio di indennità  d’arruolamento veniva stabilito per i volontari italiani ed il loro stipendio veniva fissato a centesimi cinque al giorno anche sulla linea del fuoco. Per gli ufficiali lo stesso soldo degli ufficiali regolari francesi.”
[3] Con Decreto 20 settembre 1914 (Journal Officiel 30 settembre 1914 pag. 8116/7), furono nominati a titolo straniero e per la durata della guerra:
.al grado di Tenente Colonnello: Garibaldi Giuseppe,
.al grado di Maggiore: Orlandi Cadini (Antonio); Longo (Camillo)
.al grado di Capitano: Garibaldi (Ricciotti); Raffo (Carlo); Evamgelisti (Giuseppe); Pisani (Luigi); Cappabianca (Alberto); Bruera (Alberto); Canudo (Ricciotto); Angelazzi (Ildebrando); Finzi (Gino); Benucci (Mario Aroldo);
. al grado di Tenente. Pondichy (Alessandro); Marabini (Camillo); Carola (Raffaele); Duranti (Lamberto); Bazzi (Emilio); Butta (Ernesto); Oggero (Alfredo); Garibaldi (Sante); Marfello (Michele); Defner (Saverio); Trombetta (Gregorio);
. al grado di Sottotenente: Zonaro (Fausto); Fiaschi (Unico); Odevaine (Alfredo); Taraschi (Guido); Zambrini (Fausto); Roberto (Pasquale); Arizio (Angelo); Greco (Mario); Palarino (Antonio); Peloso (Giuseppe); Massa (Antonio); Garibaldi (Bruno); Rama (Pietro); Rovelli (Francesco);
. al grado di Capitano medico: Mari (Alessandro);
. al grado di Tenente medico: Largo (Alessandro), Cristini (Umberto). Cfr. Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, Milano, Ravà & C. Editori, 1915 pag. 228.
[4] Ibidem
[5] I nomi degli appartenenti di questa “Avanguardia” sono nell’ ”Elenco degli appartenenti al “Reggimento Garibaldino” nel giorno della partenza da Mailly-le-Camp per il fronte, il 12 dicembre 1914” pubblicato in Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, cit.,  pag. 302.
[6]So quanto sia difficile la vita del volontario; devo quindi essere semplice soldato se voglio aiutare i miei compagni a sopportarla” Cfr. Chiostergi G., Diario garibaldino ed altri scritti e discorsi, Milano, Associazione Mazziniana Italiana, 1961. pag. 23.
[7] Cfr. Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, cit., pag. 87.
[8] ibidem
[9] Il Comunicato dello Stato Maggiore Francese delle ore 15 del 6 gennaio è il seguente:
Nelle Argonne presso il burrone Courtes Chaussées ove abbiamo fatto saltare con le mine le trincee tedesche, il reggimento italiano comandato dal tenente colonnello Peppino Garibaldi, ha vigorosamente attaccato nella breccia aperta dalla esplosione. Esso ha fatto 120 prigionieri di cui 12 sottufficiali, ha preso una mitragliatrice ed un cassone. L’aiutante capo Costante Garibaldi, fratello del tenente colonnello, è rimasto ucciso nell’attacco” Cfr. Cfr. Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, cit., pag. 285.

[10] Cfr. Cfr. Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, cit., pag. 277.
[11] Chiostergi G., Diario garibaldino ed altri scritti e discorsi, cit., pag. 24.
[12] ibidem
[13] L’Accademia di Oplologia e Militaria, che ha promosso le cerimonie per ricordare Lamberto Duranti nella data centenaria della sua morte, ha sede in Ancona in Via Cialdini 26, accanto alla abitazione indicata da Duranti nella comunicazione a Marabini.
[14] Cfr. Cfr. Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, cit., pag. 277
[15] Cfr. Cfr. Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, cit., pag. 279
[16] Chiostergi G., Diario garibaldino ed altri scritti e discorsi, cit., pag. 27
[17] Questo è l’ordine del giorno dello scioglimento della Legione:
Deposito del Primo Stranieri. Legione Italiana. Avignone. Urgentissimo. Avendo il Governo Italiano richiamato alle armi i suoi connazionali, il Ministero della Guerra ha deciso che i volontari italiani incorporati al 4° Reggimento di marcia del 1° Reggimento stranieri siano lasciati liberi di considerare sciolto il loro ingaggia mento o di restare. La stessa libertà sarà lasciata ai signori ufficiali di nazionalità italiana i quali potranno domandare di essere considerati liberi  sia d’essere mantenuti nei quadri della Legione straniera. Nella speranza che la Francia e l’Italia sorelle latine, siano oggidì più che mai unite, per interessi ed affetti, a combattere la Germania e l’Austria, le quali hanno meditato di distruggere con il fuoco e con il sangue la libertà e la fratellanza dei popoli, il signor………sollecita dal Signor Ministero della Guerra l’alto favore di …………* Avignone 9 marzo 1915
*Andare a combattere con l’Esercito italiano o combattere nell’Esercito francese.
Cfr. Cfr. Marabini C., La Rossa avanguardia dell’Argonna, cit., pag. 292.