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lunedì 29 novembre 2021

Ancona La Piazzaforte 1860. Il Morale

Ancona Piazzaforte Pontificia

1. La Piazzaforte di Ancona nello Stato Pontificio. La storia. 2. Le opere principali della Piazzaforte. 3. Il nemico è a conoscenza di tutti i dettagli della Piazzaforte 4. I miglioramenti della Piazzaforte del de La Moricière dall’aprile al settembre 1860. 5. I dati tattici della Piazzaforte: il terreno e le comunicazioni,i punti tatti, l’armamento. 6. La Guarnigione, la consistenza teorica e quella effettiva. 7. Le Caserme. 8. Il Vettovagliamento. 9. Il Morale

Massimo Coltrinari  

 

 9. Il Morale

Il morale della truppa e in genere della Guarnigione, risentiva molto di due fattori: la eterogenea composizione dell’esercito pontificio, che sotto il grande usbergo della cattolicità aveva uomini provenienti da quasi tutti i paesi d’Europa, principalmente Austria, ovvero tedeschi, croati, ed anche bosniaci, Francia, Belgio, Irlanda e Spagna, più gli Italiani. Quest’ultimi attentamente selezionati prima del reclutamento in quanto dopo le esperienze del 1846-1849, si era stati molto attenti ai loro precedenti e dal loro comportamento. In secondo fattore era la mancanza di addestramento per il brevissimo periodo di tempo avuto a disposizione. Non si può improvvisare un esercito, e nonostante tutta la buona volontà, l’amalgama tra gli uomini e tra i reparti era molto scarso. Tutto questo influenzava il morale della truppa, che spesso aveva motivazioni che si fermavano allo spirito di avventura, all’ingaggio e nulla più, poco presi dai  grandi temi politici. Fino a quando si trattava di combattere contro rivoluzionari, poco organizzati e spesso in discordia tra loro, tutto era facile: il numero dava sicurezza e forza, e le facili vittorie esaltavano lo spirito e rinforzava il morale.

Il de Quattrebarbes narra nei suoi Ricordi vari episodi in cui sottolinea come la concordia e la affabilità regnava tra gli UffIciali. :

Je dois dire ici quelques mots d’une réunion de tous les officiers allemands, le 18 aout, jour anniversaire de la naissance de l’empereur d’Autriche. J’y avais été invité avec le colonel de Gady, et je me trouvais à coté di comte de Metternich, cousin de l’ancien ministre, qui nous amenait ses deux fils. La fete fut cordiale et joyeuse ; des toasts chaleureux furent portées au souverain pontife, au général La Moriciére, à l’union des deux grandes puissances catholiques, L’Autriche et la France. Je crus devoir repondre à ce dernier toast, fait dans les termes les plus courtois, pa la santé de l’empereur François-Joseph. Je rapplelai l’origine toute française de la maison de Lorraine, le nom de Godefroy de Bouillon, le héros de cette grande race, leliens qui, depuis des siécles, l’attachaint à la papauté, le concordat du jeune empereur et son dévouement à l’Eglise. Le télégraphe se chargea de porter le meme jour ce voeux à Vienne, et nous trasmit le lendemain le remerciemets de l’empereu.[1] 

Il generale de La Moricière fin dal primo momento si era raccomandato di eliminare ogni forma di screzio fra le diverse nazionalità e di comporre ogni conflitto, sottolineando che questo avrebbe potuto incidere sul morale e sulla disciplina.

De Quatrebarbes si prodiga per attuare questa disposizione. Scrive:

il 22 di agosto “je réunissais dans una soirée tous les officiers, sans exception, de la garnison d’Ancone. Je vs avec bonheur que l’union la plus perfaite ne cesserait pas de regner parmi nous, et si plus tard j’eurs u istant la crainte de voir éclater qualques léger dissentiments entre des officiers de nazionalità différente, pou una question de casernement, qualques bonnes paroles suffirent pour ramener le calme. Les derniére raccomandations du général étaint, à la lettre, remplies.[2]

 Ma da settembre le cose divennero più complicate. Si trattava di combattere un esercito regolare, che proveniva da esperienze degne di nota, che si era battuto contro uno degli eserciti più organizzati ed efficienti del tempo, quello austriaco, e che aveva motivazioni solide ed esaltanti. Quindi il rischio aumentava, i pericoli diventavano maggiori e vi era la concreta possibilità di soccombere. A tutto questo si doveva aggiungere il dubbio della reale portata dell’impegno. La causa per cui ci si sacrificava non era poi così significativa, visto l’atteggiamento delle potenze cattoliche, soprattutto della Francia, che l’anno prima aveva duramente combattuto accanto ai Sardi. L’azione del Comitato rivoluzionario ad Ancona su questo tema era pressante, e molti uomini di truppa erano continuamente avvicinati da elementi che portavano varie ragioni e sostegno alla causa italiana e spargevano notizie, che poi si rilevavano sempre esatte, della inutilità di ogni resistenza.

Molte erano le perplessità che attraversavano le menti dei soldati della guarnigione di Ancona. A questi elementi di carattere generale vi incideva sul morale la situazione contingente.

“Scrive il de La Moricière:

L’affare delle vettovaglie, che si erano trovate mancanti il giorno dopo la dichiarazione di guerra, aveva turbato le truppe; ed anzi alcuni disordini erano accaduti nella congiuntura della distribuzione. Tutto questo era terminato dopo energiche disposizioni prese a tal fine; ma il triste effetto morale continuava: di più il comitato fazioso molto meglio informato di noi sopra quanto accadeva di fuori, ogni mattina spargeva di nuovi successi piemontesi. Un giorno era la presa di orvieto, poco dopo quella di perugia, poi quella di Spoleto e di Viterbo e d ancora dell’invasione del Patrimonio di San Pietro. Lo spirito dei soldati era visibilmente addolorato e di corpo degli Ufficiali partecipavano alla comune afflizione.”[3]

Il punto più basso del livello morale della Guarnigione fu toccato la sera del 18 settembre. Alla vista di un gruppo consistente di cavalieri che si avvicinava ad Ancona, e riconosciuto che alla testa vi era il de La Moriciére, gli uomini sugli spalti e poi tutta la guarnigione, cedettero che fosse l’avanguardia del grosso che proveniva dall’Umbria. Si videro scene di esultanza ovunque e si sparse la convinzione che l’assedio si poteva affrontare con forze adeguate. Appena giunto in città e il de La Moriciére stesso comunicò la disfatta subita quel girono e che nessun aiuto sarebbe arrivato, il morale crollò. Sarà lo stesso de La Moriciére a svolgerete, come vedremo, una energica azione per risollevare il morale, soprattutto azione diretta verso gli ufficiali, per risollevare il morale, che in ogni caso fu sempre un problema, come dimostra l’episodio della difesa dell’avanposto di Altavilla, di cui fu protagonista il cap. de Castellà.

 

 



[1]De Quattrebarbes T., Souvenir d’Ancone 1860, Paris, 1861, pag. 71.Da notare che le comunicazioni con Vienna erano veloci ; in poco più di 12-24 ore si aveva risposta alla notizia o nota inviata. Il Telegrafo ad Ancona funzionò per tutto l’assedio; pertanto a Vienna si sapeva esattamente la situazione di Ancona momento per momento.

[2] Ibidem

[3] Relazione de La Moriciére


venerdì 19 novembre 2021

Ancona La Piazzaforte 1860 Il Vettovagliamento

 Ancona Piazzaforte Pontificia

1. La Piazzaforte di Ancona nello Stato Pontificio. La storia. 2. Le opere principali della Piazzaforte. 3. Il nemico è a conoscenza di tutti i dettagli della Piazzaforte 4. I miglioramenti della Piazzaforte del de La Moricière dall’aprile al settembre 1860. 5. I dati tattici della Piazzaforte: il terreno e le comunicazioni,i punti tatti, l’armamento. 6. La Guarnigione, la consistenza teorica e quella effettiva. 7. Le Caserme. 8. Il Vettovagliamento. 9. Il Morale

Massimo Coltrinari 

8. Il Vettovagliamento

La piazzaforte doveva far fronte a viveri per una popolazione di circa 30.000 anime, tale era la popolazione di Ancona nel 1860; in più il personale militare e la guarnigione. In vista dell’assedio le normali riserve di viveri vennero accresciute nel mese di agosto. Da Trieste dovevano giungere ulteriori derrate specie di grano e di carni salate. Nella ipotesi che sicuramente in un eventuale assedio si sarebbe perso il controllo dei molini della foce dell’Esino e quindi la piazzaforte non avrebbe avuto più disponibile il grano macinato, fu messo in funzione presso Porta Calamo un molino a vapore.

Il de La Moricière nella sua relazione rileva come la situazione del vettovagliamento non fosse delle migliori.  Scrive:

Il 16 settembre sera il Sig. Sotto Intendente ferri era giunto dal Porto di Recanati sopra il San Paolo con il Tesoro. Sbarcando seppe che la piazza mancava di farina da tre giorni e che la guarnigione era ridotta al biscotto. Questa condizione era frutto della negligenza (dovrei adoperare una parola più severa) del servizio amministrativo. Le forniture di farina e di pane erano state date agli Agenti più noti della rivoluzione. Non si erano prese provvidenze opportune,per assicurarsi se nei magazzini vi fossero le provvigioni di farina che vi dovevano essere; ed avevano aspettato che l’esercito nemico occupasse con forze i molini di Fiume Esino per domandare alla Autorità militare di spedire le truppe a cercarvi grosse provvigioni di farina che dovevano esservi per suo conto. L’Autorità militare rifiutò con ragione la spedizione, essendo pericolosissimo er numero inferiore delle nostre forze,e di più inutile, pressoché sei Piemontesi avevano trovate le farine nel Molino, era certo che ne avevano disposto in loro pro. Il Sotto Intendente Ferri, apprezzando la gravita della situazione, partì la notte stessa sopra il vapore del Loyd, il quale per buona sorte ancorava in Ancona e doveva far viaggio a Trieste. Giunse in quella città l’indomani ed ebbe la buona ventura di poterci mandare per mezzo de battello del Loyd che ci arrivava mercoledì 19 un grosso carico di farina che faceva sparire le nostre difficoltà rispetto alla guarnigione.

Ma si trattava per un assedio di provvedere in parte almeno al fornimento della popolazione, poiché Ancona non vi ha molini. Per lo addietro si era stipulato un contratto per istabilire un molino a vapore destinato al servizio dell’esercito. Questo molino che doveva essere terminato per il 15 settembre al più tardi, non girava ancora. In questa faccenda esservi stata negligenza o mala fede, giacchè 36 ore bastarono a mettere in moto la macchina”.[1]   

 

Ai primi di settembre era stato pure creato un piccolo parco buoi per sopperire alle esigenze di carne fresca, da destinare per lo più agli ospedali, essendo sufficiente per le necessità di pochi giorni. Sempre il de La Moricière scrive:

 “Questo non era tutto:era stato trascurato eziandio il fornimento della carne fresca. Il poco bestiame che avevamo potea bastare per due o tre giorni e conveniva tenere in serbo per gli Ospedali, in cui avevamo 400 ammalati. Già si era cominciato a distribuire carne salata. Incaricai il maggiore Quatrebarbes di provvedere all’apprestamento della carne e vi riuscii al di là di ogni nostra aspettazione. I contadini del dintorno i quali avevano lucrato molto nel corso dei lavori erano grati e trovarono modo d’ingrossarci il bestiame a dispetto delle guardie e delle squadriglie del nemico”[2]  

 

Un cenno è da farsi per l’approvvigionamento idrico. L’acqua ad Ancona non mancava. Era assicurata dalle sorgenti della valle dei Giardini e quattro fontane della città erano alimentate dalle sorgenti site nella Valle degli orti. Queste fontane si trovavano in Piazza Grande, a Porta Calamo, a Piazza Nuova ed al Porto. In totale i pozzi e le sorgenti sorgive erano 39.

In una relazione al de La Moriciére, il de Quattrebarbes assicura il comandante[3] in capo che Ancona, sotto il profilo idrico, può reggere un assedio prolungato.

 



[1] Relazione de La Moriciére

[2] Relazione de La Moriciére

[3] Lo fa con un rapporto in data 5 settembre 1860


martedì 9 novembre 2021

Ancona La Piazzaforte 1860 La Caserma

Ancona Piazzaforte Pontificia

1. La Piazzaforte di Ancona nello Stato Pontificio. La storia. 2. Le opere principali della Piazzaforte. 3. Il nemico è a conoscenza di tutti i dettagli della Piazzaforte 4. I miglioramenti della Piazzaforte del de La Moricière dall’aprile al settembre 1860. 5. I dati tattici della Piazzaforte: il terreno e le comunicazioni,i punti tatti, l’armamento. 6. La Guarnigione, la consistenza teorica e quella effettiva. 7. Le Caserme. 8. Il Vettovagliamento. 9. Il Morale

Massimo Coltrinari  

Le caserme.

L’alloggiamento della piazzaforte si poteva giovare di circa 51  tra caserme, stabilimenti militari, corpi di guardia, polveriere. A queste si devono aggiungere le baracche costruite nel Campo trincerato e a monte Garretto.

Il Governo Pontificio aveva la proprietà delle seguenti Caserme

Caserma del Lazzaretto

Caserma di Porta Pia

Caserma alla Cittadella

Caserma del Casone

Caserma di Sant’Agostino

Caserma di Santa Palazia

Caserma del Faro

Caserma dei Cappuccini

Caserma Nuova del Porto

Caserma della Sanità

Caserma dell’Antemurale

Caserma dell’Arco di Traiano

Caserma dell’Arsenale

 

Di proprietà di comunità religiose erano le seguenti Caserme:

Caserma di San Domenico

Caserma degli Zoccolanti

Caserma di San Giuseppe

Caserma di San Bartolomeo

Di proprietà del Comune era la Caserma detta degli Scalzi

Di proprietà privata vi erano due Caserme che rispondevano al nome di caserma della Berreta e Caserma dello Scalone

La capacità alloggiativi di tutte queste caserme era di circa 5500 uomini e di circa 350 cavalli.

Nel dettaglio la situazione delle Caserme era accettabile

 

Quatrebarbes, appena giunto ad Ancona alla metà di agosto, chiese al Comandante del Genio un rapporto dettagliato in merito allo stato delle Caserme e degli alloggiamenti, che in sintesi si riorta, secondo la versione di Quatrebarbes.

 Constatato che le 51 Caserme di Ancona erano agibili, occorreva adattarle alle esigenze dell’assedio. Il Lazzaretto, che era una delle caserme più importanti aveva per l’alloggio delle truppe disponibili tre grandi stanzoni a piano terra ed altrettanti stanzoni al piano superiore, perfettamente areati ed agibili. Erano disponibili trenta stanze, disposte sei per sei per ogni lato del pentagono, sia a pianterreno che nel piano superiore, che potevano essere adibite ad alloggio in modo comodo e decente al Comandate del Lazzaretto, agli aiutanti, ai sergenti-maggiori, ai sottoufficiali, agli operai e addetti ai lavori specializzati. Vi si potevano anche installare le cucine del battaglione. Inoltre vi erano locali per i magazzini vestiario, per il foraggio, per i materiali d’artiglieria e del genio. Inoltre vi erano locali che potevano essere adibiti a stalle per oltre 200 cavalli.

 Gli Austriaci durante la loro permanenza ad Ancona abitualmente vi alloggiavano oltre 2000 uomini, anche se nella valutazione del Quattrebarbes al Lazzaretto vi potevano essere alloggiati 1600 uomini e 200 cavalli per dare spazio poi ai magazzini e al ricovero del materiale.

Siccome la guarnigione pontificia era a corto di uomini, lo spazio al Lazzaretto era sufficiente; anzi vi erano locali e camere che furono lasciati vuoti. Una delle valutazioni che il Quattrebarbes ritenne di fare fu la posizione tattica le Lazzaretto. Ovvero, troppo decentrata e staccata dalle linee di difesa sia interna che esterna della Piazzaforte. Il pericolo era che per la sua stessa natura il Lazzaretto potesse essere isolato nel corso dell’assedio e quindi tagliato fuori dai combattimenti. Quindi si doveva assegnare al Lazzaretto un numero sufficiente di uomini per svolgere la sua funzione di perno della difesa a mare, ma non di più per via della sua posizione.

 

La Caserma della Berretta. Questa Caserma era situata a qualche passo da Porta Pia e dal Lazzaretto e consisteva in una grande casa, presa in affitto dal Governo Pontificio da un abitante di Ancona al prezzo di 310 scudi romani. Era addossata alla ripa che porta a Capodimonte, all’inizio della strada litoranea per Senigallia, prima di Borgo Pio  e la sua difesa era assicurata dalle mura che collegavano Porta Pia alla Porta di Capodimonte e dal Lazzaretto, anche se la sua posizione era molto debole. Poteva alloggiare duecento uomini. Per lo più svolgeva controllo di ordine pubblico e polizia.

La Caserma di Porta Pia era di proprietà del Governo ed era in sistema con la caserma dello Scalone, che era di proprietà privata. Site al lato della via che conduce alla Porta Pia, la prima poteva alloggiare 110 uomini e la seconda 240. Erano collegate per le esigenze di difesa la Bastione di Santa Lucia. Ma la Caserma dello Scalone presentava un inconveniente, sia morale che tattico. Mentre a pianterreno vi erano delle botteghe, il primo ed il secondo piano era adibito a caserma; ma il terzo piano dava asilo a tutta una popolazione di povera gente, bambini e donne e l’ammezzato era affittato a degli operai:tutti utilizzavano, per entrare ed uscire, che l’entrata della caserma. Questo rendeva pressoché impossibile un controllo e una sicurezza da un punto di vista militare. Quattrebarbes cercò una soluzione a questo problema e presto si accorse che la gente del terzo piano non poteva essere alloggiata in altro posto, ne tantomeno il Governo poteva permettersi l’affitto anche del terso piano. Si cerco di sopperire progettando una seconda uscita per la Caserma. Con l’avvicinarsi dell’assedio  però dato che tutto poteva accadere si procedette allo sgombro forzato sia dell’ammezzato che del terzo piano. L’affitto dei due piani era di 660 scudi romani all’anno.

La caserma di sant’Agostino era una bella e grande caserma di proprietà del Governo, e la facciata principale difende il bastione di sant’Agostino, ed è situata sulla stessa strada della Caserma dello Scalone. Poteva alloggiare 300 uomini e rappresentava un punto tattico di notevole valore in quanto situata tra il centro della città ed il porto in un quartiere densamente popolato.

La caserma Nuova del Porto era di proprietà del Governo ed era situata all’entrata dell’Arsenale e poteva alloggiare 210 uomini. Era situata in modo tale da prevenire le eventuali sorprese provenienti dalla costa di Monte Marano. Vi erano collegati un corpo di guardia e i magazzini della Porta Marina, che potevano alloggiare 60 uomini. Nel molo Nord vi era un complesso di Caserme e alloggi che comprendevano una cintura di posti ed apprestamenti tra il muro a mare, l’Arco di Traiano, la Sanità e la Lanterna. L’insieme poteva facilmente alloggiare 218 uomini

La Cittadella era un complesso che permetteva le più svariate soluzioni. Vi potevano alloggiare 360 artiglieri, tutti quelli necessari ad armare i pezzi della Cittadella. Inoltre erano in allestimento due baracche al Campo trincerato che poteva alloggiare 160 uomini

La caserma del Casone era a mezza costa tra la Porta Pia e la Porta di Capodimonte e poteva alloggiare 215 uomini. Discendendo dalla Cittadella verso la Porta Calamo il convento degli Zoccolanti di cui una parte serviva da caserma e una parte uffici e magazzini del genio militare. Conteneva cento letti ; ma il convento poteva alloggiare altre quaranta letti dato lo spazio disponibile.

La caserma di San Domenico, poteva alloggiare 250 uomini e stalle per circa 120 cavalli ed era in grado di controllare tutta la grande piazza del mercato e la porta Calamo. Era addossata alla chiesa di San Domenico ed al relativo convento dei Domenicani, i quali avevano ceduto in affitto locali della caserma che non erano di necessità assoluta. Data la posizione centrale vi erano gli alloggi e gli uffici del Comandante della Divisione e del Comandante della Piazza. Una batteria di sei pezzi erano disponibili in questa Caserma. Data la posizione in caso di ribellione o di attacco, la Caserma era un eccellente punto di appoggio.

La caserma di San Giuseppe disponeva di 175 letti e collegava  la caserma di San Domenico al forte dei Cappuccini; era situata a mezza costa era addossata ad un convento di religiosi che cedettero i locali necessari all’armata pontificia

Un baraccamento, assai speditivo, vicino San Giuseppe al Forte dei Cappuccini  che poteva alloggiare 70 uomini ma alla necessità poteva arrivare a 150 posti letto disponibili.

La caserma di Santa Palazia alloggia 60 uomini, mentre quella di San Bartolomeo 80 letti che erano destinate ai sottoufficiali sposati e agli invalidi e la caserma degli Scalzi che poteva alloggiare 190 uomini; qui vi era la possibilità di piazzare una batteria su due pezzi.

Il Quatrebarbes non da indicazione dettagliate  circa le caserme al Porto, all’Arsenale e alla Sanità, a quella addossata all’arco di Traiano, ma in un giudizio complessivo, sottolinea come queste caserme sono ben distribuite nella città, e permettono movimenti facili e rapidi, in modo tale che si può controllare a piedi tutta la città, strada per strada, e quindi di essere in grado di contrastare qualsiasi movimento insurrezionale interno, come di operare per linee interne in caso di attacco esterno.