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lunedì 19 dicembre 2022

Il Bollettino della Vittora degli anni trenta.


 Bollettino della Vittoria degli anni trenta presso l'Ufficio Scolastico regionale di Ancona. La Particolarità di detta lapide in bronzo è che ai lati ha gli stemmi incisi di Trieste, Trento, Pola Fiume Zara Ragusa e Dalmazia. Inoltre riporta ai lati anche gli stemmi del governo di allora.

 La incisione è stata fatta presso la Casa "Benvenuto Cellini di Firenze".

sabato 10 dicembre 2022

venerdì 2 dicembre 2022

Presentazione del Calendario Esercito 2023 alla Scuola Benincnasa- Vanvitelli Stracca.

Il Comando Esercito Regione Marche ha presentato, grazie ai buoni uffici dell'Uffico Scolastico Regionale di Ancona 
 Il Calendario Esercito 2023
 dedicato agli 80 anni degli eventi del 1943
Telatore il Gen Dott Massimo Coltrinari, presentato dal Dott Massimo Javarone  e dal Ten Colonnello Riccardo della Valle







 



Segue il resoconto iconografico

sabato 29 ottobre 2022

Osimo e la questione agraria 8 La famiglia ed il podere


 

LA FAMIGLIA ED IL PODERE II

 

Lo scorso numero abbiamo introdotto, nel quadro della descrizione dell’aspetto agrario del Comune di Osimo alla fine degli anni venti, il rapporto tra la famiglia ed il podere, descrivendo l’articolazione di detta famiglia, tipica di quel tempo, in cui tre generazioni erano rappresentate. Prima di analizzare direttamente il rapporto che questa famiglia ha con il “podere” cioè con la sua fonte si sostentamento e sopravvivenza, diamo ancora un ulteriore sguardo all’interno di detta famiglia. Come detto a capo vi era il “capoccia” detto anche “vergaro”, in questo nostro esempio indicato con il nome Mario, affiancato da sua moglie, Elena, detta la “vergara”.

La nostra fonte[1] indicano alcune linee di comportamento che sono comuni della nostra tradizione marchigiana. Ad esempi “….durante l'inverno le donne tutte siedono al telaio e preparano gli indumenti per la famiglia, mentre gli uomini hanno occupata la loro attività nella potatura delle piante legnose, nella preparazione e riparazione degli attrezzi. Negli anni venti ancora la meccanizzazione dell’agricoltura era agli albori e quindi gli uomini ancora non si erano trasformati in esperti meccanici come lo sarà   in pieno a partire dal secondo dopoguerra. Erano presenti i primi trattori, in parte di produzione nazionale ed in parte di produzione estera.

Sotto il profilo spirituale e religioso le notizie che la nostra fonte ci fornisce riferiscono di una famiglia particolare e fortunata.

“A circa un paio di Km. dalla casa, sorge la Chiesa Parrocchiale, frequentata assiduamente nelle feste, dai membri della famiglia, che nelle loro semplici e devote manifestazioni di fede non risentono né di pagana idolatria, né di superstizione. 

Le donne specialmente, gli uomini forse un po’ meno, nutrono nell’animo tale fede; tutti in ogni modo assolvono quei doveri che impone la Chiesa.” In molte di loro sono coinvolte nelle iniziative parrocchiali, tra cui la preparazione degli arredi della chiesa per le cerimonie principali, o del presepe, che in certi posti a base della ampiezza i preparativi iniziano fin da settembre, e soprattutto per la festa e ricorrenza del Patrono.

“Non è abitudine degli uomini la bestemmia, solo è da dire di Carlo che vivendo spesso nel paese ove trova l'impiego della sua opera presso l’Amministrazione del proprietario, si sente un pochino emancipato e raggiunge quel certo grado di civiltà che conduce un po' distanti dalle sane e morali abitudini dell'essere semplice.”

 “Chi è pratico della zona, potrà essere forse meravigliato della composizione così numerosa della famiglia, giacché non è frequente incontrare ancora aggregati così complessi, per il sentimento di indipendenza che anima tutti gli uomini lavoratori della terra allorché, dopo essersi ammogliati hanno costituito una propria famiglia. Tale aggregato rappresenta uno degli ultimi residui di quelle famiglie patriarcali, tanto note e tanto caratteristiche dei tempi passati. Nell'ultima guerra, il capoccia, o “vergaro” ha prestato regolare servizio come soldato, nell'Artiglieria di fortezza ed è ritornato vivo da quell’immane conflitto che sicuramente ha forgiato il suo carattere e rafforzato il suo senso di appartenenza e quello di comunità.

La concordia più serena esiste tra i singoli membri della casa e ciò è dovuto al fatto che il “capoccia”, il quale esplica integralmente le sue funzioni, non deroga nei suoi ordini, ed impone un senso di disciplina, a cui i figli tutti sono ossequienti, nel loro sentito rispetto. Pur mettendo al corrente i famigliari, è esso che sorveglia l'andamento economico della casa, che regola i consumi, che impartisce le direttive per le lavorazioni, che frequenta i mercati e decide su tutte le questioni.

Un senso di cordialità, lega tale famiglia con quelli vicine. Un senso di rispetto e di obbedienza li lega ai superiori dei quali eseguono gli ordini ed applicano i consigli, aiutati in ciò da una pratica intelligente, tanto che la famiglia viene considerata dal proprietario, come una delle migliori della Tenuta. Il capoccia è membro della commissione di controllo e di vigilanza che presiede la Mutua assicurazione contro gli infortuni del bestiame, costituita da lungo tempo in seno all'Azienda, tra i coloni di essa.

 



[1] Tesi di Laurea all’Università di Agraria di Perugia sostenuta dal Dott. Filippo Scarponi nell’anno accademico 1929-1930.

domenica 9 ottobre 2022

Osimo e la questione agraria 7 Sanità analfabetismo e istruzione


 

 

Sanità, analfabetismo ed istruzione

 

Osimo all fine degli anni trenta presentava delle

“condizioni sanitarie ottime, qualche caso di tubercolosi nel Comune, rarissimi nella campagna, assenza completa di malaria e di lue; l'alcoolismo poco sviluppato. Cosicché le opere assistenziali trovano nel Comune poca attività, in ogni modo però nel capoluogo vivono due Società di pronto soccorso, che se pure antecedentemente avevano una intonazione politica, ora l'hanno abbandonata. Esse hanno in quasi tutti i centri più numerosi del Comune un loro reparto per il pronto soccorso. Nel capoluogo inoltre si trova un ospedale attrezzato molto modernamente, capace di offrire ricovero a 60 ammalati; vi sono cinque farmacie, cinque medici e tre ostetriche.””[1]

Oltre all’aspetto sanitario che il fascismo ha ristrutturato, nel campo della assistenza e del tempo libero non vi spazio se non per il Dopolavoro.

Il fascismo aveva costretto a chiudere o a trasformarsi tutte quelle associazioni di carattere assistenziale e ricreativo di orientamento differente ed aveva tutto inglobato nella Opera Nazionale Dopolavoro che nasce il 1 maggio 1925. La data è significativa. È una grande “trovata” questa del Dopolavoro in quanto attraverso tutte le sue ramificazioni. ha il compito di catturare “gli spiriti tiepidi”, soprattutto quello delle classi proletarie e della bassa borghesia, classi che dovevano portare il maggior peso della dittatura, a favore delle classi abbienti. L’Opera Nazionale Dopolavoro è lo strumento per imbrigliare i momenti di pausa di milioni di persone e di introdurre nel mondo interno ed esterno delle fabbriche e delle campagne una certa disciplina mediante il controllo delle ore non dedicate al lavoro.[2] Osimo nel 1929 non faceva eccezione e le campagne e l’abitato era imbrigliato e controllato. Continuando la descrizione della realtà degli anni alla fine degli anni ’20 si può dire che la situazione idrica era la seguente:

Nei piccoli centri rurali arriva l'acqua potabile e molte delle colonie prossime a questi, sono forniti di essa, le altre colonie ricavano l'acqua da pozzi che generalmente sono profondi e che offrono un'acqua di buona qualità.”  In altre parole vi era un sistema primordiale di distribuzione dell’acqua. Si dovrà aspettare il dopoguerra per avere un acquedotto, costruito in falso antico vicino al Duomo nel punto più alto di Osimo affinchè sia l’abitato che le campagne avessero l’acqua corrente in casa. Oggi di questa situazione rimangono i cosiddetti “lavatoi” o fonti. Tutti in un degrado spaventoso, da terzo mondo; in particolare il lavatoio vicino Porta Musone, il cui stato di abbandono e di degrado sono inaccettabili, anche nel ricordo di quanto lavoro e sudore delle donne osimane fu testimone.

Il livello di istruzione rispecchia l’andamento delle regioni centrali e in parte di quelle meridionali.  

Dall’unità d’Italia, lo Stato cercò, ma con poco successo, di combattere l’analfabetismo. Sulla scia delle scelte dell’Italia liberale, si cercava di dare a tutti una istruzione elementare.

Ad Osimo “L'analfabetismo, che nei tempi remoti era una delle piaghe più grandi, di questa regione, va scomparendo con grande rapidità nell'ambiente rurale. A dimostrazione di ciò basta osservare come nel 1928 al 31 dicembre gli obbligati alla frequenza erano 1279 ed i frequentanti erano 1246. - Ciò è dovuto non solo al fatto che i contadini hanno compreso l'importanza di saper scrivere il proprio nome e leggere le cose che li riguardano; ma anche perché una opportunissima distribuzione degli edifici scolastici; su tutto il territorio, non permette che qualche frazione di esso rimanga distante dalla scuola e quindi la popolazione sia costretta a far sacrifici e lunghi percorsi di cammino per frequentarla.

Nella città (Osimo, n.d.a) un grande edificio scolastico, nel quale 17 maestri svolgono la loro opera, raccoglie i bimbi della popolazione urbana. Nel Borgo un edificio con sette maestri raccoglie bimbi in parte cittadini ed in parte agricoltori. Sparsi nella campagna vi sono 16 edifici scolastici, ove 19 maestri istruiscono i bimbi della terra. L'istruzione agraria, con le norme dettate dalle disposizioni legislative, viene impartita agli agricoltori dalla locale sezione di Cattedra Ambulante, e ad alcuni cittadini attraverso la Scuola di avviamento professionale al lavoro.”

Durante la Grande Guerra, al fine di aumentare la produzione agricola nazionale e fronteggiare l’emergenza bellica, furono istituite Cattedre Agricole Itineranti con lo scopo di aiutare gli agricoltori a migliorare la propria produzione. Erano Cattedre che si rivolgevano alle donne, in quanto durante la guerra la quasi totalità dei contadini fu chiamata alle armi ed i campi furono lasciati in mano a chi rimaneva a casa, cioè a donne, vecchi e bambini. La donna, principalmente la “vergara” divenne anche in Osimo la protagonista del mercato e degli affari, stabiliva i prezzi, sceglieva i semi da concime e trattava con la moglie del “fattore”, e parlava con la “signora”: anche loro avevano i rispettivi mariti chiamati alle armi. Anche in Osimo come in tutte le Marche ed in tutta Italia vi fu questa grande stagione di matriarcato agricolo, stagione breve ma straordinaria, di equiparazione di genere. Furono istituiti per chi otteneva risultati degni di nota nella produzione agricola anche premi in denaro e premi simbolici come la Medaglia d’Oro al Valore Agricolo; una di queste medaglie fu conferita dal Ministero dell’Agricoltura ad una contadina del maceratese e ciò ebbe ampia eco nella regione. La emancipazione della donna, che subentrò durante la grande guerra nelle fabbriche e nei campi a sostituire gli uomini, sembrava essere avviata, ma al ritorno degli uomini dalla guerra, tutto ritornò come prima. Il Fascismo affossò ogni istanza di emancipazione di essa nelle sue organizzazioni; per le contadine la associazione creata fu quella delle “Massaie Rurali” nell’ambito della Opera Nazionale Dopolavoro già citata. Fino a qualche decennio fa ancora faceva bello sfoggio nelle case di campagna, accanto ad immagini sacre, attestati, medaglie e benemerenze di questo periodo, ricordo della nonna o della bisnonna, conservati più per affetto e riconoscenza che per scelta ideologica.

(continua)



[1] Il corsivo è tratto, come i precedenti articoli dalla tesi di Laurea di Filippo Scarponi, Anno Accademico 1928-1929, cit.

[2] Sull Opera Nazionale Dopolavoro, le sue finalità, consistenza e scopi vds Ricciotti L:, Il Partito Nazionale Fascista. Come era organizzato e come funzionava. Il partito che mise l’Italia in Camicia nera, Milano, Rizzoli, 1985,

giovedì 29 settembre 2022

La Resistenza nelle Marche



 Ruggero Giacomini. Storia della Resistenza nelle Marche 1943-1944, Ancona, Affinità Elettive, 2020

24 euro. ISBN 9978887326460 6

domenica 18 settembre 2022

Osimo e la questione agraria 6 La sicurezza del territorio


 

La Sicurezza del territorio.  Un fucile arruginito

 

Sul finire degli anni trenta le condizioni socio-politiche dell’Italia si erano giocoforza stabilizzate. La marcia su Roma dell’ottobre del 1922 fu un vero e proprio colpo di Stato che, avallato ed accettato dal Re e dal vertice politico terrorizzati dalla esperienza in Russia e dal pericolo rosso, aveva portato il fascismo al potere. Fino al delitto Matteotti (1924) vi fu un simulacro di regime parlamentare, ma con l’uccisione del deputato socialista, che alla camera aveva denunciato pubblicamente le violazioni dello statuto albertino e delle leggi liberali, il fascismo estremista impose a Mussolini un ulteriore giro di vite in termini di libertà. Furono le leggi del 3 gennaio 1925, dette “fascistissime” che privò gli italiani di ogni liberta e diede vita alla dittatura. Tutto questo avallato dal Re e dai rappresentanti delle classi agiate, convinte di aver messo al sicuro i propri privilegi e le proprie fortune. Iniziava il “ventennio” e tutto era sotto controllo, i treni arrivavano in orario, ed il sistema poliziesco di controllo si perfezionava sempre più. Vi era, oltre alla normale Polizia, l’OVRA (Organizzazione vigilanza repressione antifascismo oppure Organizzazione vigilanza reati antistatali) formata da uffici speciali di polizia in seno alla Direzione generale di P.S. (dipendente dal ministero dell’Interno, in mano a Mussolini) che fu istituita verso la fine del 1927 da Arturo Bocchini ed adibita al servizio d’investigazione , pedinamento ed infiltrazione, anche all’estero. Aveva il suo ordinamento con circa 400 agenti e si avvalevano di oltre 900 “Informatori” vere  e proprie spie segrete pagati direttamente dal centro. Ogni informatore non aveva un nome ma un numero o un nome di battaglia. Il popolo italiano era così ben sorvegliato. Dopo l’attentato di Bologna del 26 maggio 1927 contro Mussolini a tutti gli italiani fu ritirato il passaporto, mentre era vietato trasferirsi da una località all’altra del Regno se non muniti di permessi rilasciati dalle autorità di polizia; erano vietate le serrate e lo sciopero, mentre negli uffici di collocamento i posti di lavoro venivano assegnati in base al numero della tessera di iscrizione al PNF. Il 27 novembre 1925 la Camera dei Deputati (ancora si chiamava così) approvò la legge che istituiva il podestà di nomina prefettizia (e non più elettiva) nei comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti (7337 si 9148 Comuni) al posto del sindaco scelto con suffragio popolare, poi la legge venne estesa (1926) a tutti i Comuni del Regno. Restava in carica 5 anni  e doveva possedere il titolo di scuola media superiore. I podestà venivano sempre scelti tra le persone di fede sicura e con la tessera del partito. Nelle grandi città erano speso gerarchi. In questo contesto, in cui Osimo non faceva eccezione, è molo facile comprendere quanto scrive Filippo Scarponi in merito alla sicurezza pubblica nel territorio osimano:

 

Circa le condizioni sociali del territorio e per quanto riguarda la pubblica sicurezza, dopo le parole dette antecedentemente sul carattere mite della popolazione poco v'è da aggiungere. Il lavoro dei campi non è turbato da nessuna causa, rarissimi sono i furti e questi tutti di lievissima entità. Non si verificano mai, e ciò si può affermare con sicurezza, delitti che sono l'espressione e la manifestazione ultima di un sentimento d'odio, di rancore, di vendetta. Cosicché il contadino riposa tranquillo nella sua casa la notte, e nella maggioranza dei casi, fidato nella difesa che gli può offrire un fucile antidiluviano, su cui la ruggine ha aumentato di qualche millimetro lo spessore delle pareti della canna!

 

Tutto era in ordine, una sorta di mulino bianco della pubblicità odierna, un di paradiso terrestre in cui mancava solo una cosa: la libertà.

mercoledì 31 agosto 2022

Osimo e la questione agraria 5 La produzione e le strade

 

Osimo negli anni trenta. Comune rurale. La produzione e le strade

 

Osimo come centro attivo agricolo negli anni trenta registrava come principali prodotti agricolo-alimentari il grano, il vino ed il bestiame. Questo prodotti sono in esuberanza per il mantenimento della popolazione, quindi si è superata, rispetto al periodo post-unitario, la soglia della economia di sussistenza, per arrivare all’economia di mercato. Il bestiame da carne in esubero viene venduto sul mercato a compratori forestieri che lo smistano poi non solo verso le Marche, ma anche alle altre regioni limitrofe. Il Foro Boario degli anni trenta era uno dei punti caratteristici di Osimo con i suoi incontri settimanali e le sue fiere. Fino agli anni settanta del secolo scorso era fiorente la tradizione delle ricorrenze religiose legate all’agricoltura ove gli animali erano inghirlandati ed infiocchettati e portati anche in processione. Una sorta di festa pubblica, più con sfumature pagane che cristiane, ma certamente una vetrina in cui, con orgoglio, si mostrava un buon prodotto. Avvenimenti particolarmente sentiti, anche nella ritualità, e che vedeva una partecipazione di tutta la comunità. Particolari ricordi in famiglia per queste feste all’Abbadia ove il Parroco, Don Vincenzo Scarponi, zio di Filippo, pilastro centrale della comunità che viveva con riferimento alla Chiesa, era l’animatore e il centro di riferimento per la popolazione, non solo spirituale.

Il grano veniva assorbito integralmente e, attraverso i sei molini che esistevano in Osimo, era poi immesso nel commercio, anche se per lo più a raggio non molto esteso.

Il vino era la nota dolens. Filippo Scarponi non spiega le cause, rifugiandosi dietro il classico “ per un complesso di cause, che non è il caso qui di accennare, questo prodotto principale rimane costantemente nelle cantine padronali o per lo meno è lievissima la sua esportazione. Una delle cause che si possono individuare, a fattor comune di tutte le Marche, è l’assenza di iniziativa imprenditoriale da parte dei produttori, cioè dei “Padroni”, proprietari terrieri, non latifondisti, che non si avventurano nel campo della esportazione e della conquista dei mercati, per non rischiare. La loro educazione, il loro essere, la loro cultura e il loro modo di vivere non andava oltre l’orizzonte dei campi. Dovremo attendere il secondo dopoguerra, quanto, grazie alle iniziative non di agricoltori, ma di industriali, in prima fila la ditta FAZI-Battaglia di Castelplanio, dove si arriverà con il Verdicchio dei Castelli di Jesi (con la famosa bottiglia ad anfora ed il foglietto esplicativo allegato) a esportare il vino non solo oltre regione, ma in tutta Europa. L’esempio imprenditoriale fu seguito ed oggi (vds. Rosso Conero e tante altre etichette) il vino marchigiano ha una sua commercializzazione ed è una risorsa. Negli anni trenta questa capacità, più per ragioni culturali che tecniche, non esisteva ed il vino rimaneva nelle cantine del “Padrone”, che ne era orgoglioso e se ne vantava; una ricchezza veramente non utilizzata.

Una fitta rete di strade agevola le comunicazioni del territorio con il centro del Comune. Tra i singoli punti del territorio, per mezzo di strade comunali e private, buonissima è la colleganza. Tutto ciò facilita notevolmente i trasporti delle derrate che dalla campagna alla città si compiono per mezzo del bestiame da lavoro del contadino, e solo raramente con mezzi meccanici (camion); mentre dai magazzini della città ai mercati o luoghi di smercio tali trasporti si effettuano con camion o per ferrovia.”[1] Osimo ebbe da subito dopo la sua stazione ferroviaria oltre l’Abbadia, appunto la Stazione d’Osimo, nella via di facilitazione naturale verso il mare, Numana e Sirolo, e quindi il complesso delle comunicazioni era accettabile. Negli anni trenta, quindi, era tutto un andare e venire di “birocci” (carro agricolo marchigiano trainato in genere da bovini, in gergo dialettale “le vacche”) tra la campagna ed il centro, che spesso erano affiancati e superati, questi “birocci” dai cosiddetti “calessi” mezzo di locomozione a traino animale (il cavallo) per persone, usate per lo più da persone abbienti e di un certo lignaggio. Le strade non erano asfaltate, ma sterrate; in estate piene di polvere, che non era fastidiosa se non transitava qualche automobile, negli anni trenta una rarità ed oggetto di attenzione ed ammirazione; in inverno fango e neve. Caratteristiche delle strade, in genere, era la presenza la centro di un rialzo con l’erba. La manutenzione, per le esigenze del tempo, era accettabile grazie all’opera sia diretta dei contadini che provvedevano a sistemarle nel loro raggio di casa (non per senso civico, ma per il loro interesse), sia del cosiddetto “stradino” che a piedi con un carretto trainato a mano provvedeva ad eliminare ostacoli, buche e fossi scavati dall’acqua provvedendo ad una manutenzione costante. Quella che oggi si invoca per tante strade del territorio, prima fra tutte quella che dal bivio della Gironda porta al bivio dell’Abbadia.  Tra le vibrazioni che fanno tanto bene alla schiena, la equilibratura alterata delle ruote, gli ammacchi ai cerchioni, in quel tratto di strada si va tanto spesso con nostalgia a rimpiangere il tempo di quando in Osimo operava lo “stradino”.



[1] Il corsivo è tratto da Filippo Scarponi, Il colono mezzadro ed il piccolo proprietario coltivatore in un  comune rurale di una provincia marchigiana, Tesi di Laurea, Anno Accademico 1929 -1930


sabato 20 agosto 2022

Anno Accademico 2022/2023. Apertura Iscrizioni Master in Storia Militare Contenporanea dal 1796 al 1960 ed Altri

 

L’Istituto del Nastro Azzurro, tramite il CESVAM – Centro Studi sul Valore Militare, ha attivato presso la Università degli Studi N. Cusano Telematica Roma master di 1° livello e corsi di perfezionamento  colti, nel quadro dei programmi accademici, a diffondere ed approfondire gli studi e le ricerche sul Valore Militare.

1.      Master di 1° Liv. In “Storia Militare Contemporanea. Dal 1796 ad oggi”.  presso la degli Studi N. Cusano Telematica Roma. Attivato dall’anno Accademico 2018/2019 (per laureati)

Iscrizione dal 1 settembre 2022. Info www.unicusano.it /master

 

Master di 1° Liv. In “ Politica Militare Comparata. Dal 1960 ad oggi. presso la degli Studi N. Cusano Telematica Roma. Attivato dall’anno Accademico 2020/2021 (per Laureati). Iscrizione dal 1 settembre 2022. Info www.unicusano.it /master

 

Master di 1° Liv. “Terrorismo ed Anti Terrorismo Internazionale”. presso la degli Studi N. Cusano Telematica Roma. Attivato dall’anno Accademico 2021/2022 (per Laureati). Iscrizione dal 1 settembre 2022. Info www.unicusano.it /master

 

Corso di Aggiornamento e Perfezionamento . “Terrorismo ed Antiterrorismo Internazionale. presso la degli Studi N. Cusano Telematica Roma.. Attivato dall’anno Accademico 2021/2022 (per Diplomati). Iscrizione dal 1 settembre 2022. Info www.unicusano.it /master

 

I Soci del nastro Azzurro hanno condizioni agevolate di iscrizione che sono riportate sul bando

Ulteriori Indicazioni ed approfondimenti: info  didattica.cesvam@istitutonastroazzurro.org

mercoledì 10 agosto 2022

Osimo e la questione agraria 4 La Comunità rurale


 

Osimo negli anni trenta. Comune rurale.

 

Osimo al 31 dicembre 1928, come visto nel precedente articolo, aveva una popolazione che ammontava a 20448 abitanti, di cui 1/3 entro le mura, in quello che oggi definiremo il centro storico, e a ridosso delle mura con il suo borgo, una parte sparsa nella campagna, in abitazioni poderali, e il rimanente agglomerata in sei piccoli centri campagnoli, la cui popolazione era per lo più composta da artigiani, piccoli proprietari terrieri non autonomi che integrano le loro rendite o con il pascolo abusivo, integrato anche con la raccolta abusiva di legna o concedendo i propri servizi alla popolazione rurale; assenti,  se non sporadicamente, operai nel tradizionale senso della parola.

Filippo Scarponi, da cui traiamo dalla sua tesi di Laurea queste note, da una interessante valutazione sulla indole di questa popolazione, molto accademica e di maniera, come si conveniva nel mondo accademico di allora. Viene detto che le vicende politiche del passato, riferito questo passato al biennio rosso 1919-1921e nei anni immediatamente successivi “se pure non hanno trovato nel Comune degli attori ferventi”[1] non si notato retaggi di sorta e tracce profonde. Un effimero modo accademico per indicare mesi ed anni di profondo contrasto, risolto nel modo che tutti sappiamo e che negli anni trenta ancora non era stato completamente assorbito. Un contrasto che apparentemente si era risolto, ma sotto la cenere il fuoco covava, che riprese con vigore all’indomani della crisi armistiziale e nella lotta di liberazione, punteggiata da episodi alcuni anche tragici. Negli anni trenta la rassegnazione aveva preso il sopravvento. “ Si lavora la terra, in silenzio, si attendono i suoi frutti, nulla si chiede e si cerca di raggiungere il risultato massimo con i propri mezzi”. Ci si trova di fronte, secondo Filippo Scarponi, innanzi “ ad una delle schiette espressioni del popolo Piceno, di questo popolo sobrio e laborioso che rimane, molte volte per incoscienza, chiuso nella sua potenzialità, attendendo che altri pensano innanzi a lui e lo lasciano costantemente nell’ombra.” Una interessante osservazione se si pensa che Ancona è dorica, con un confine etnico ben marcato, tutta protesa verso il mare ed i suoi commerci, con a nord oltre Agugliano il confine con popolazioni di influenza gallica, con riferimento Senigallia, tutti abitanti che negli anni trenta mostrarono più irrequietezza politica e meno acquiescenza. Non vi è lo spazio per altre considerazioni, ma si comprende come Osimo abbia sempre guardato più verso l’interno, verso Roma, che verso il capoluogo che rimaneva, ieri come oggi, distante ed in tante componenti, estraneo.

Il carattere di Osimo negli anni trenta è essenzialmente agrario, in esso si vive per l’agricoltura, per esso si lavora, da essa si mangia. Definisco in tal modo il Comune, poiché pur essendovi delle industrie queste sono strettamente legate alla campagna, che fornisce loro la materia prima da trasformare- Tale industrie, però, interessano solamente la popolazione paesana che vi trova lavoro fatta eccezione di una concessione di tabacco ove si manipola il prodotto ed in cui, stagionalmente vengono impiegate numerose donne, nella maggioranza appartenenti a famiglia contadine. Parecchie altre piccole industrie vivono nel Comune, ma rasentano l’artigianato e tutte hanno come compito di fornire i materiali più svariati ai contadini.”

Le sedi di queste piccole industrie artigianali degli anni trenta oggi o sono state trasformate oppure, purtroppo lasciate a se stesse e deturpano l’arredo urbano. Basta guardare anche dall’alto quella che è l’area dell’ex lavatoio o sotto le mura di Via Cinque Torri per avere una qualche riferimento. Un tubo di stufa che ancora rimane ed esce solitario di quel tratto di archi di mura è struggente, quasi un invito a rivitalizzare e riutilizzare questi spazi.  In molti paesi dell’Umbria, in simili contesti, queste sedi sono state trasformate in bar, punti di ritrovo, luoghi per mostre e intrattenimento che arricchiscono l’offerta turistico-culturale ma soprattutto danno all’arredo urbano un livello più accettabile. Osimo, come comune rurale, sapeva trovare soluzioni che oggi rimangono solo auspicabili.     



[1] Il corsivo è tratto da Filippo Scarponi, Il colono mezzadro ed il piccolo proprietario coltivatore in un  comune rurale di una provincia marchigiana, Tesi di Laurea, Anno Accademico 1929 -1930

martedì 19 luglio 2022

Osimo e la questione agraria 3 La Popolazione


 

La premessa di uno studio. Osimo negli anni trenta. La popolazione.

  

L’agricoltura Italiana era la base della ricchezza della nazione, negli anni dei primi dopoguerra. L’industria non aveva preso quel ruolo che ebbe bel secondo dopoguerra, nonostante il grande sviluppo che ebbe per fornire armi e mezzi all’esercito combattente nella grande guerra. Filippo Scarponi nella sua tesi sostiene che “studiar ei contadini nell’ambiente in cui vivono è pertanto uno dei compiti della nuova Economia Rurale Italia, uno dei compiti più importanti che richiederà molto tempo, ma che porterà vantaggi inestimabili a tutti coloro che dell’Economia Rurale hanno fatto la loro scienza prediletta, ed attraverso essa cercano di dare alla Nazione nostra tutto il suo prestigio”

Il tema allora era di grande attualità, che poi negli anni successivi darà vita a quella che ebbe un ruolo fondamentale negli anni trenta, quelle che sarebbe chiamate “le battaglie del grano”.

È un presupposto logico alla tesi la descrizione del comune ove operano poi i contadini oggetti dello studio quello di descrive Osimo negli anni trenta nei suoi caratteri generali, fisici, demografici, economici, sociali.

Osimo allora come oggi è in provincia di Ancona e si estende su una superficie di Kmq 105.403. Posto alla sommità di una collinetta preapenninica a 265 s.l.m dista in linea d’aria circa 7 km. Il suo territorio è in prevalenza collinare, disposto su piccoli colli che limitano tra loro brevi tratti di terreno pianeggiante, fresco e fertile. Tra questi tratti assume la maggior e importanze quello traversato dal corso del fiume Musone. IL clima stante la vicinanza al mare, e specialmente per quella parte di territorio volto a mezzogiorno, si può considerare marittimo, ove le stagioni si susseguono con una certa regolarità nelle loro variazioni atmosferiche e ove non si raggiungano limiti di temperature bassissimi od elevati fatta eccezione della parte nord del territorio più vicina alla catena Appenninica, che è anche la parte più alta di esso. I venti che dominano sono quelli di tramontana, la bora di Trieste ed i venti di scirocco. Il centro del Comune dista 19 km dal capoluogo di provincia e Km. 7,5 dalla propria stazione ferroviaria, situata a 75 m.s.m sulla linea ferroviaria Ancona Pescara. Gli abitanti del Comune erano, al censimento del 1911 n. 19844, a quello del 1921 numero 19803, al 31 dicembre 1928 numero 20448. La situazione demografica del Comune è riassunta in un prospetto con dati dedotti dallo Stato Civile. La tabella riporta dati dagli anni che vanno dal 1911 al 1929 pere mortalità, natalità, Matrimoni, Emigrazione Interna, Immigrazione Emigrazione transoceanica ed Emigrazione continentale. In genere i dati riportati sono sull’ordine delle centinaia, con un range delle varie voci dal 300 a 600. Il commento a questi dati si riferisce alla emigrazione interna ed alla immigrazione. I valori rispettivi, grosso modo, si equivalgono nei rispettivi anni ed è lecito ritenere che tali valori si riferiscono nella loro totalità alla popolazione rurale del Comune. Nel caso specifico non si può parlare di emigrazione vera e propria, giacché lo Stato Civile registra sotto tale voce il numero delle persone che annualmente cambiano la loro residenza passano sotto altro Comune. Orbene, ogni anno nella zona, si verificano per le più svariate cause, alcuni movimenti e cambiamenti di famiglie coloniche, che da un fondo vanno a coltivare un altro posto nel territorio famiglie che precedentemente si trovano sotto la giurisdizione di un altro Comune. Tali movimenti, anche se chiamati con il termine “emigrazione” non risentano del concetto che generalmente si concede alla parola indicante il fenomeno, poiché le famiglie che mutano la loro residenza non mutano l’ambiente in cui svolgono la loro attività, quindi non variano questa e nelle linee fondamentali il regime della loro esistenza si mantiene costante.  I dati di tale emigrazione sono  477 (1926), 516 (1927), 371 !928) 2 479 (1929) L’emigrazione continentale è un fenomeno quasi del tutto sconosciuto nel Comune e nella sua popolazione rurale; quasi rarissimi casi che si hanno sono compresi nella cifra indicante l’emigrazione transoceanica. I dato sono: 98 casi (1926), 104 (1927) 56 (1928) 51 ( 1929). Secondo Filippo Scarponi i dati di questa emigrazione transoceanica sono trascurabili. Oggi possiamo notare che da Osimo si emigrava nel continente americano si al nord che al sud. E se si legge la tabella riporta si evince che l’emigrazione transoceanica da Osimo non era così trascurabile: nel 1911 era di 209 casi, 320 nel 1912, 223 nel 1913, anno in cui il dato nazionale era di 4.500.000 italiani emigrane nel nuovo continente.

mercoledì 29 giugno 2022

Osimo ela questione agraria. Il Contadino Osimano


 

Osimo e la Questione Agraria. /2

La premessa di uno studio. IL contadino osimano.

 

Terminate le celebrazioni per la traslazione della Salma del Milite Ignoto da Aquileja a Roma, e raccolto introno all’evento il massimo consenso possibile, il passo successivo nella scena politica nazionale italiana era concretizzare, in quel fine 1921 i risultati della Vittoria nella Grande Guerra, ovvero si era creato un clima di aspettative e di fiducia affinchè i tanti sacrifici fatti, i lutti subiti e sopportati avessero compenso in qualche cosa di tangibile. Il re nel suo proclama dell’8 novembre 1917, nei giorni più cupi del ripiegamento dall’Isonzo al Piave, quando tutto sembrava perduto, in un proclama all’Esercito ed al Popolo Italiano promise senza mezzi termini e a chiare lettere che, se la vittoria fosse stata conseguita, si sarebbe affrontata la annosa questione agraria, che dall’Unità per oltre 60 anni era stata il nodo di contrasto tra le classi dominanti, con gli agrari in testa, e le classi proletarie, con i contadini in testa.

 Un illustre figlio di Osimo, che nel campo della Agricoltura sarà protagonista di importati stagioni a cavallo della Seconda guerra Mondiale, Filippo Scarponi, scelse come tesi di laurea, nell’Anno Accademico 1929 -1930 di affrontare nei suoi dettagli quello che sarebbe stato il nodo non sciolto degli eventi del 1922: la mezzadria. Il Titolo della tesi è “

Il Colono Mezzadro ed il Piccolo Proprietario Coltivatore in un Comune Rurale di una provincia marchigiana.” Inutile dire che il comune rurale era Osimo e l’oggetto della tesi era l’analisi socio-economica delle due figure enunciate: il colono mezzadro e il piccolo proprietario coltivatore. Dalla lettura della tesi, che sarà il filo conduttore delle nostre note per questo giornale, emerge uno spaccato della società osimana sia nelle sue componenti cosiddette “ricche”, cioè il proprietario terriero che vide del capitale “terra” che di colui che in varie forme presta “il lavoro”, cioè il contadino. Anticipando quelle che potrebbero essere delle conclusioni, entrambe le categorie, sia i “ricchi” che “i contadini con questo sistema attraverso i sistemi adottati, come la mezzadria avevano un rapporto costo/efficacia molto basso. Cioè a dire i “ricchi” non erano poi così ricchi come si poteva credere, avendo loro grosse difficoltà; ed i contadini, nonostante l’impiego di tutta la famiglia, di tutte le braccia disponibili della famiglia, anche dei minorenni, non riuscivano ad uscire dalla povertà cronica che avevano ereditato dai loro padri. Difendere questo sistema fu uno degli errori più gravi di allora; basti vedere gli sviluppi che si ebbero dal 1848/1849 quando fu risolta la questione agraria quanta ricchezza arrivò per entrambi le parti.

Questo, a latere, presenta Osimo come era negli anni trenta, uno spaccato della realtà osimana che Filippo Scarponi descrive con precisione ed oggettività Dato il costume del tempo, però, la presentazione del lavoro non poteva non avere una certa qual forma retorica.

“Con le più alate parole, che la fantasia è capace di dettare, con le concezioni sublimi della loro mente eletta, poeti antichi e moderni, prosatori illustri, giornalisti emeriti, hanno cantato e cantano le lodi dell’uomo, che alla terra dedica la sua intelligenza e che su essa sparge le gocce della sua fronte. Hanno cantato questo lavoratore, immerso nella pace feconda del campo, con il torace allargato nel respiro ampio, nelle cui braccia nude i muscoli poderosi risaltano, come se uno scalpello l’avesse cesellati nel marmo; hanno veduto di esso la parte poetica, la parte sentimentale. Questo hanno fatto i poeti, le anime elette. Poco però gli studiosi sono entrati nell’intimo della vita di questi individui, hanno studiato la loro esistenza, hanno veduto le loro condizioni. SE qualche lavoro si nota in tal senso, prima della guerra rari o quasi nulli invece, sono quelli che si trovano oggi dopo il fenomeno bellico. Quindi se ancora nelle deduzioni eventuali noi ci riportassimo a quelle notizie prebelliche, commetteremmo un errore fondamentale, giacché molteplici fattori, concomitanti hanno influenzato l’agricoltura italiana, sì da modificarne sostanzialmente la vita. E’ necessario pertanto conoscere intimamente questa massa poderosa, per saper dettare ad essa giuste leggi; è necessario studiare profondamente la vita di questi artefici, molte volte inconsapevoli, del benessere nazionale. Come raggiungere questo scopo Le monografia di famiglia ci offrono il mezzo migliore.”

Rileva come la guerra ha cambiato tutti i parametri e nel 1930 il contadino non è più quel dell’anteguerra. Rileva anche il dato essenziale che il contadino era l’artefice del benessere nazionale, in una società come quella di allora, sostanzialmente basata sull’agricoltura.

(continua)

 

venerdì 10 giugno 2022

Osimo e la Questione Agraria 1.

 


 Osimo e la Questione Agraria. /1

Il Milite Ignoto vincitore della Grande Guerra. Il significato Politico

 

Le Celebrazioni per il 1° centenario della traslazione del Milite Ignoto hanno portato alla luce uno degli snodi più importanti e difficili della Storia d’’Italia: la soluzione della questione agraria. Sembra un paradosso, ma in una analisi anche superficiale questo collegamento è lapalissiano.

Nel momento più tragico delle giornate seguite a Caporetto, il Re in un proclama all’Esercito ed alla Nazione in toni chiari e precisi prometteva che, se si fosse resistito, e l’Italia fosse uscita ancora unita dalla guerra in corso e vittoriosa, avrebbe affrontato la questione agraria. Ovvero avrebbe dato la terra a chi la coltivava, sconfiggendo una volta per tutte il latifondo, la mezzadria ed ogni altro sfruttamento di altri del lavoro agricolo prestato.

La promessa fu creduta da un esercito che oltre il 70% era composto da contadini. Il ragionamento del soldato-contadino era semplice: se sopravvivo a questa guerra, ho un futuro sulla mia terra; se muoio questa andrà ai miei figli. Gli Austriaci furono fermati, e poi sconfitti. La Guerra fu vinta. Nel 1919 Giulio Douhet, uno dei pensatori più insigni del novecento italiano, propone una idea che era rivoluzionaria. Tutte le guerre hanno un vincitore e dall’antichità questo vincitore era il Generale, il Dux, che ha diritto al bottino. I Romani gli decretavano il trionfo in Campidoglio e tutte le ricchezze che aveva conquistato. Douhet propone che il vero vincitore della Grande Guerra  sia l’umile soldato, per giunta ignoto, che ha dato tutto e in cambio non ebbe nemmeno una croce. Nasce l’Idea del Milite Ignoto. Ognuno di noi conosce i dettagli di questa proposta che si realizza dal 28 ottobre al 4 novembre 1921.

Il Soldato è scelto fra undici soldati ignoti e, con tutto il popolo che partecipa,  viene accompagnato a Roma e sepolto ai piedi del padre della Patria, Vittorio Emanuele II.  IL Risorgimento era compiuto. Il Padre aveva fatto l’Italia, il figlio aveva fatto gli Italiani.

 All’indomani delle celebrazioni bisognava passare ai fatti. Il Re doveva mantenere la sua promessa. Gli anni violenti del primo dopoguerra si inaspriscono. Le classi agiate non accettano che i profitti di guerra siano divisi fra tutte le classi; gli agrari e i latifondisti si mobilitano. I partiti di sinistra rispondono con la medesima violenza.

 In pratica si doveva affrontare il nodo agrario, in una Italia sostanzialmente agricola e pre-industriiale. La questione era sul tappeto dall’Unità d’Italia. Brixio a Bronte da una dimostrazione di come la borghesia intende mantenere i suoi privilegi, viene poi Andrea Costa ed il socialismo in Romagna e la tassa del macinato, a cui si risponde nel 1996 con i cannoni di Bava Beccaris. La settimana rossa ha, soprattutto in Romagna, una base di rivendicazione contadina, anche se i comunisti di oggi la rivendicano in quel solco di interpretazioni della storia già scelto dai fascisti di appropriarsi di valori e meriti altrui.

La terra deve rimanere ai padroni e i contadini devono solo lavorare. Una delle cause per cui esponenti della sinistra progressista vogliono la guerra, tra cui Filippo Corridoni, è la speranza che con la guerra si riesca lì dove gli scioperi di oltra un decennio avevano fallito.

Ora il tempo era arrivato: il Re aveva promesso l’8 novembre 1917 e doveva mantenere la sua parola, in quanto la guerra era stata vinta, e vinta dal soldato ignoto, espressione delle classi inferiori, soprattutto quella contadina

Il nodo da sciogliere era la mezzadria, uno strumento in cui, come vedremo in note successive, portando esempi di famiglie contadine di Osimo sia il mezzadro che il piccolo proprietario terriero, nonostante durissimo lavoro che impegnava la sua famiglia allargata, non riusciva a trova un benchè minimo reddito per se, dovendo daer la metà dei profitti  al “padrone” che forniva “il capitale” ovvero la terra e che si sottraeva il più delle volte ad uno dei suoi obblighi più importanti, quello di apportare miglioramenti e strumenti innovativi. IL risultato era una sostanziale povertà generale, sia degli uni che, relativamente, degli altri.

Le famiglie cosiddette benestanti di Osimo basavano tutta la loro ricchezza sulla agricoltura, non essendo possibile considerale le oltre 35 filande che erano presenti sul territorio osimano una attività industriale vera e propria. In quel 1921 le speranze, attraverso le cerimonie del Milite Ignoto, in cui da una parte si vedeva che i sacrifici fatti avevano dato i suoi frutti come costruzione della Unità Nazionale, ma ora era arrivato il momento di affrontare le questioni economiche e quindi dare un senso a questi sacrifici, dall’altra, inorgogliti dannunzianamente nella vittoria, ferreamente e graniticamente si voleva mantenere lo “status quo”.

La partecipazione alle cerimonie in Osimo del Milite Ignoto, come nel resto delle Marche e del Paese,  fu massiccia, ognuno in cuor suo allevando la speranza che il futuro fosse migliore degli anni appena passati.

 

 

giovedì 28 aprile 2022

Il Nostro granello di sabbia

 

 Da La Meridiana, Anno XXVII, n. 16 (1251) 23 aprile 2022


Dopo le vicissitudini a cui siamo stati costretti a causa della pandemia, in questo inizio di primavera può finalmente partire una iniziativa che era stata predisposta prima della emergenza covid. Iniziativa che consiste nel dare spazio ad una attività finalizzata a creare spazio e luogo per riflettere sui valori che, almeno secondo noi, dovrebbero essere fondanti del vivere civile al di sopra delle ideologie e delle convinzioni di parte. Un foro di riflessione esclusivamente a livello culturale. In pratica si tratta di dare spazio alla attività di una istituzione che nel prossimo 2023 raggiunge i cento anni di vita e che in questo lungo percorso ha attraversato tutta la storia italiana ed è sopravvissuto a tutte le tempeste grazie a quei valori, di cui è permeata, che abbiamo sopra definito fondanti. Stiamo parlando dell’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valor Militare

 

Ovviamente con la nostra iniziativa siamo in una dimensione minimale, quasi un granello di sabbia in una spiaggia vastissima, dinanzi ad un mare, che in questo tempi e sempre in tempesta.

 

L’Istituto del Nastro Azzurro fu fondato a Roma il 26 marzo 1923, questo per ricordare che 90 anni prima, il 26 marzo 1833, Carlo Alberto, Re di Sardegna, con Regio Viglietto istituiva la Medaglia d’Oro e la Medaglia d’Argento al Valor Militare.  Non nacque dalla sera alla mattina. Nell’immediato dopoguerra sorse una “Legione Azzurra, che negli anni tristi del primo dopoguerra voleva svolgere nella società opera di persuasione e di conciliazione al fine di riuscire a superare i fortissimi contrasti che la vittoria nella Grande Guerra aveva portato. Contribuì  la Legione Azzurra alla affermazione della idea di Giulio Douhet che vide la traslazione e tumulazione di un Solato Ignoto all’Altare della Patria, segno indelebile che la guerra era stata vinta dall’umile soldato. In tutta la storia dei popoli è l’umile soldato che vince o perde le guerre, le sfide, le pandemie, ma spesso non è riconosciuto scippato di queste vittorie da vertici senza scrupoli. Con la costituzione delle Corti d’Onore L’Istituto riuscì a cancellare la piaga del “duello” in gran voga i quegli anni.

Il 26 aprile 1926 viene pubblicato il primo numero del periodico “Il Nastro Azzurro”. Con R.D. 31/05/1928 l’Istituto viene dichiarato Ente Morale. Sono Soci d’onore 108 Provincie e Comuni, di cui 51 Decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare e numerosissimi Reparti delle Forze Armate. I Decorati dell’Ordine Militare d’Italia, i decorati di Croce d’Onore alle vittime di atti di terrorismo o di atti ostili in operazioni militari e civili all’estero, e di medaglie al valore dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, possono far parte dell’Istituto quali soci ordinari.

L’Istituto apolitico ed apartitico si prefigge di: nobilitare il segno del valore, affermare ed esaltare il valore le virtù militari italiane, tutelare il rispetto e l’amore per la Patria; ravvivare il ricordo degli eroismi compiuti, assistere gli iscritti e tutelare gli interessi morali e materiali della categoria. L’Istituto è retto da un Consiglio Nazionale, eletto ogni 4 anni dai Presidenti delle 82 Federazioni Provinciali riuniti in Congresso Nazionale. I Soci assommano attualmente a 5324. Dal 2014, su iniziativa del presidente Carlo Maria Magnani, è stato istituito il Centro Studi sul Valore Militare - CESVAM, che, tra gli altri, ha il compito di promuovere ricerche e studi sul Valore Militare e sulla funzione attuale dell’Istituto nella società. Proprio il CESVAM, tra le altre iniziative (info www.cesvan.org) attraverso la Federazione Provinciale di Ancona ha promosso l’iniziativa di promuovere qui a Osimo un punto di divulgazione, a premessa di attività di più ampio respiro quali presentazioni di libri, conferenze, mostre ed altre iniziative culturali in sinergia con associazioni e istituzioni di Osimo con cui già si è instaurato un proficuo rapporto di collaborazione. Scendendo sul pratico si è attivata su questo versante la collaborazione con La Meridiana, che consideriamo la vetrina del dibatto socio-culturale di Osimo, e dal 25 aprile 2022 si attiva, riprendendo una desueta ma molto efficace soluzione del secondo dopoguerra, l’ edizione di un “Giornale Murale” che sarà pubblicato con cadenza decadale attraverso l’attivazione di una “vetrina” fissa approfittando del fatto che Osimo ha questa bella organizzazione delle bacheche pubbliche poste nei luoghi di incontro cittadini. Mentre sulla Meridiana si approfondirà i concetti nel taglio di sintesi sua caratteristica, nella Bacheca compariranno  elementi iconografici e didascalici sullo stesso argomento, creando una simbiosi che si integrano a vicenda. “Il Giornale Murale”, sostenuto e ampliato dalla “La Meridiana” si va ad aggiungere alle altre pubblicazione dell’Istituto, che sono il “Periodico”, bimestrale “ la rivista I “Quaderni”, trimestrali, tutti e due su edizione su carta, i “Quaderni on Line”, quotidiano, sulla rete, il sito (www.Istitutodelnastroazzurro,org”) e la Piattaforma Cesvam (www.cesvam.org).

Lunedi 25 aprile il primo numero del “Giornale Murale” sarà in bacheca dedicato al partigiano combattente cattolico Teresio Olivelli, Medaglia d’Oro al Valore Militare, ricordando questa data anniversaria con le parole di Ruggero Zangrandi sulla crisi armistiziale del 1943: il comportamento di capi vili ed inetti dovrà essere compensato dal sacrificio di milioni di uomini umili, i quali non riceveranno nulla in cambio, nemmeno il ricordo del loro sacrificio. Teresio Olivelli è uno di questi.