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sabato 29 ottobre 2022

Osimo e la questione agraria 8 La famiglia ed il podere


 

LA FAMIGLIA ED IL PODERE II

 

Lo scorso numero abbiamo introdotto, nel quadro della descrizione dell’aspetto agrario del Comune di Osimo alla fine degli anni venti, il rapporto tra la famiglia ed il podere, descrivendo l’articolazione di detta famiglia, tipica di quel tempo, in cui tre generazioni erano rappresentate. Prima di analizzare direttamente il rapporto che questa famiglia ha con il “podere” cioè con la sua fonte si sostentamento e sopravvivenza, diamo ancora un ulteriore sguardo all’interno di detta famiglia. Come detto a capo vi era il “capoccia” detto anche “vergaro”, in questo nostro esempio indicato con il nome Mario, affiancato da sua moglie, Elena, detta la “vergara”.

La nostra fonte[1] indicano alcune linee di comportamento che sono comuni della nostra tradizione marchigiana. Ad esempi “….durante l'inverno le donne tutte siedono al telaio e preparano gli indumenti per la famiglia, mentre gli uomini hanno occupata la loro attività nella potatura delle piante legnose, nella preparazione e riparazione degli attrezzi. Negli anni venti ancora la meccanizzazione dell’agricoltura era agli albori e quindi gli uomini ancora non si erano trasformati in esperti meccanici come lo sarà   in pieno a partire dal secondo dopoguerra. Erano presenti i primi trattori, in parte di produzione nazionale ed in parte di produzione estera.

Sotto il profilo spirituale e religioso le notizie che la nostra fonte ci fornisce riferiscono di una famiglia particolare e fortunata.

“A circa un paio di Km. dalla casa, sorge la Chiesa Parrocchiale, frequentata assiduamente nelle feste, dai membri della famiglia, che nelle loro semplici e devote manifestazioni di fede non risentono né di pagana idolatria, né di superstizione. 

Le donne specialmente, gli uomini forse un po’ meno, nutrono nell’animo tale fede; tutti in ogni modo assolvono quei doveri che impone la Chiesa.” In molte di loro sono coinvolte nelle iniziative parrocchiali, tra cui la preparazione degli arredi della chiesa per le cerimonie principali, o del presepe, che in certi posti a base della ampiezza i preparativi iniziano fin da settembre, e soprattutto per la festa e ricorrenza del Patrono.

“Non è abitudine degli uomini la bestemmia, solo è da dire di Carlo che vivendo spesso nel paese ove trova l'impiego della sua opera presso l’Amministrazione del proprietario, si sente un pochino emancipato e raggiunge quel certo grado di civiltà che conduce un po' distanti dalle sane e morali abitudini dell'essere semplice.”

 “Chi è pratico della zona, potrà essere forse meravigliato della composizione così numerosa della famiglia, giacché non è frequente incontrare ancora aggregati così complessi, per il sentimento di indipendenza che anima tutti gli uomini lavoratori della terra allorché, dopo essersi ammogliati hanno costituito una propria famiglia. Tale aggregato rappresenta uno degli ultimi residui di quelle famiglie patriarcali, tanto note e tanto caratteristiche dei tempi passati. Nell'ultima guerra, il capoccia, o “vergaro” ha prestato regolare servizio come soldato, nell'Artiglieria di fortezza ed è ritornato vivo da quell’immane conflitto che sicuramente ha forgiato il suo carattere e rafforzato il suo senso di appartenenza e quello di comunità.

La concordia più serena esiste tra i singoli membri della casa e ciò è dovuto al fatto che il “capoccia”, il quale esplica integralmente le sue funzioni, non deroga nei suoi ordini, ed impone un senso di disciplina, a cui i figli tutti sono ossequienti, nel loro sentito rispetto. Pur mettendo al corrente i famigliari, è esso che sorveglia l'andamento economico della casa, che regola i consumi, che impartisce le direttive per le lavorazioni, che frequenta i mercati e decide su tutte le questioni.

Un senso di cordialità, lega tale famiglia con quelli vicine. Un senso di rispetto e di obbedienza li lega ai superiori dei quali eseguono gli ordini ed applicano i consigli, aiutati in ciò da una pratica intelligente, tanto che la famiglia viene considerata dal proprietario, come una delle migliori della Tenuta. Il capoccia è membro della commissione di controllo e di vigilanza che presiede la Mutua assicurazione contro gli infortuni del bestiame, costituita da lungo tempo in seno all'Azienda, tra i coloni di essa.

 



[1] Tesi di Laurea all’Università di Agraria di Perugia sostenuta dal Dott. Filippo Scarponi nell’anno accademico 1929-1930.

domenica 9 ottobre 2022

Osimo e la questione agraria 7 Sanità analfabetismo e istruzione


 

 

Sanità, analfabetismo ed istruzione

 

Osimo all fine degli anni trenta presentava delle

“condizioni sanitarie ottime, qualche caso di tubercolosi nel Comune, rarissimi nella campagna, assenza completa di malaria e di lue; l'alcoolismo poco sviluppato. Cosicché le opere assistenziali trovano nel Comune poca attività, in ogni modo però nel capoluogo vivono due Società di pronto soccorso, che se pure antecedentemente avevano una intonazione politica, ora l'hanno abbandonata. Esse hanno in quasi tutti i centri più numerosi del Comune un loro reparto per il pronto soccorso. Nel capoluogo inoltre si trova un ospedale attrezzato molto modernamente, capace di offrire ricovero a 60 ammalati; vi sono cinque farmacie, cinque medici e tre ostetriche.””[1]

Oltre all’aspetto sanitario che il fascismo ha ristrutturato, nel campo della assistenza e del tempo libero non vi spazio se non per il Dopolavoro.

Il fascismo aveva costretto a chiudere o a trasformarsi tutte quelle associazioni di carattere assistenziale e ricreativo di orientamento differente ed aveva tutto inglobato nella Opera Nazionale Dopolavoro che nasce il 1 maggio 1925. La data è significativa. È una grande “trovata” questa del Dopolavoro in quanto attraverso tutte le sue ramificazioni. ha il compito di catturare “gli spiriti tiepidi”, soprattutto quello delle classi proletarie e della bassa borghesia, classi che dovevano portare il maggior peso della dittatura, a favore delle classi abbienti. L’Opera Nazionale Dopolavoro è lo strumento per imbrigliare i momenti di pausa di milioni di persone e di introdurre nel mondo interno ed esterno delle fabbriche e delle campagne una certa disciplina mediante il controllo delle ore non dedicate al lavoro.[2] Osimo nel 1929 non faceva eccezione e le campagne e l’abitato era imbrigliato e controllato. Continuando la descrizione della realtà degli anni alla fine degli anni ’20 si può dire che la situazione idrica era la seguente:

Nei piccoli centri rurali arriva l'acqua potabile e molte delle colonie prossime a questi, sono forniti di essa, le altre colonie ricavano l'acqua da pozzi che generalmente sono profondi e che offrono un'acqua di buona qualità.”  In altre parole vi era un sistema primordiale di distribuzione dell’acqua. Si dovrà aspettare il dopoguerra per avere un acquedotto, costruito in falso antico vicino al Duomo nel punto più alto di Osimo affinchè sia l’abitato che le campagne avessero l’acqua corrente in casa. Oggi di questa situazione rimangono i cosiddetti “lavatoi” o fonti. Tutti in un degrado spaventoso, da terzo mondo; in particolare il lavatoio vicino Porta Musone, il cui stato di abbandono e di degrado sono inaccettabili, anche nel ricordo di quanto lavoro e sudore delle donne osimane fu testimone.

Il livello di istruzione rispecchia l’andamento delle regioni centrali e in parte di quelle meridionali.  

Dall’unità d’Italia, lo Stato cercò, ma con poco successo, di combattere l’analfabetismo. Sulla scia delle scelte dell’Italia liberale, si cercava di dare a tutti una istruzione elementare.

Ad Osimo “L'analfabetismo, che nei tempi remoti era una delle piaghe più grandi, di questa regione, va scomparendo con grande rapidità nell'ambiente rurale. A dimostrazione di ciò basta osservare come nel 1928 al 31 dicembre gli obbligati alla frequenza erano 1279 ed i frequentanti erano 1246. - Ciò è dovuto non solo al fatto che i contadini hanno compreso l'importanza di saper scrivere il proprio nome e leggere le cose che li riguardano; ma anche perché una opportunissima distribuzione degli edifici scolastici; su tutto il territorio, non permette che qualche frazione di esso rimanga distante dalla scuola e quindi la popolazione sia costretta a far sacrifici e lunghi percorsi di cammino per frequentarla.

Nella città (Osimo, n.d.a) un grande edificio scolastico, nel quale 17 maestri svolgono la loro opera, raccoglie i bimbi della popolazione urbana. Nel Borgo un edificio con sette maestri raccoglie bimbi in parte cittadini ed in parte agricoltori. Sparsi nella campagna vi sono 16 edifici scolastici, ove 19 maestri istruiscono i bimbi della terra. L'istruzione agraria, con le norme dettate dalle disposizioni legislative, viene impartita agli agricoltori dalla locale sezione di Cattedra Ambulante, e ad alcuni cittadini attraverso la Scuola di avviamento professionale al lavoro.”

Durante la Grande Guerra, al fine di aumentare la produzione agricola nazionale e fronteggiare l’emergenza bellica, furono istituite Cattedre Agricole Itineranti con lo scopo di aiutare gli agricoltori a migliorare la propria produzione. Erano Cattedre che si rivolgevano alle donne, in quanto durante la guerra la quasi totalità dei contadini fu chiamata alle armi ed i campi furono lasciati in mano a chi rimaneva a casa, cioè a donne, vecchi e bambini. La donna, principalmente la “vergara” divenne anche in Osimo la protagonista del mercato e degli affari, stabiliva i prezzi, sceglieva i semi da concime e trattava con la moglie del “fattore”, e parlava con la “signora”: anche loro avevano i rispettivi mariti chiamati alle armi. Anche in Osimo come in tutte le Marche ed in tutta Italia vi fu questa grande stagione di matriarcato agricolo, stagione breve ma straordinaria, di equiparazione di genere. Furono istituiti per chi otteneva risultati degni di nota nella produzione agricola anche premi in denaro e premi simbolici come la Medaglia d’Oro al Valore Agricolo; una di queste medaglie fu conferita dal Ministero dell’Agricoltura ad una contadina del maceratese e ciò ebbe ampia eco nella regione. La emancipazione della donna, che subentrò durante la grande guerra nelle fabbriche e nei campi a sostituire gli uomini, sembrava essere avviata, ma al ritorno degli uomini dalla guerra, tutto ritornò come prima. Il Fascismo affossò ogni istanza di emancipazione di essa nelle sue organizzazioni; per le contadine la associazione creata fu quella delle “Massaie Rurali” nell’ambito della Opera Nazionale Dopolavoro già citata. Fino a qualche decennio fa ancora faceva bello sfoggio nelle case di campagna, accanto ad immagini sacre, attestati, medaglie e benemerenze di questo periodo, ricordo della nonna o della bisnonna, conservati più per affetto e riconoscenza che per scelta ideologica.

(continua)



[1] Il corsivo è tratto, come i precedenti articoli dalla tesi di Laurea di Filippo Scarponi, Anno Accademico 1928-1929, cit.

[2] Sull Opera Nazionale Dopolavoro, le sue finalità, consistenza e scopi vds Ricciotti L:, Il Partito Nazionale Fascista. Come era organizzato e come funzionava. Il partito che mise l’Italia in Camicia nera, Milano, Rizzoli, 1985,