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martedì 15 dicembre 2015

Francesco Maria Clementi: Loreto nella Grande Guerra. L'Esordio editoriale

Francesco Maria Clementi nato a Loreto nel 1987, è dottore in Storia e memoria delle culture europee e in Ricerca storica e risorse della memoria. Approfondisce e perfeziona la sua passione per la storia all'Università degli Studi di Macerata con particlare attenzione ed interesse alla Storia locale.
Autore di tre manoscritti (Loreto tra l'elezione di Pio IX e la Repubblica Romana del 1849; il movimento socialista nel Maceratese dalle origini alla Settimana Rossa; Santa Maria di Loreto:da Villa  a Castello), di cui due pubblicate su riviste Locali (Historia Nostra e Lo Specchio Magazine), la sua opera d'esordio editoriale è Loreto nella Grande Guerra

giovedì 3 dicembre 2015

Francesco Maria Clementi: nota a margine

LORETO NELLA GRANDE GUERRA
 di Francesco Maria Clementi

prefazione di Massimo Coltrinari


 (nota dell'Autore)
Nei mesi di Giugno e Luglio del 1914, nelle Marche si tennero le elezioni provinciali e comunali; a Loreto, si riconfermò alla guida della città il cavaliere Domenico Santori, sindaco e deputato nel lungo periodo giolittiano (1901-1913), che rappresentava l’alleanza tra liberali, liberali-cattolici (entrati nella politica in seguito al Patto Gentiloni del 1913) e il Movimento Radicale Italiano.
Per le provinciali, nel settimo Mandamento della Provincia di Ancona, comprendente la città di Loreto, venne eletto, grazie ad un’alleanza politica tra Partito Socialista e Partito Repubblicano, l’ingegnere Domenico Valeri, deputato repubblicano del seggio di Osimo-Loreto dal 1897 al 1913: erano ancora evidenti gli effetti politici e sociali della trascorsa Settimana Rossa di Ancona (7-14 giugno 1914). Questo è il quadro politico della città di Loreto, durante il periodo della non belligeranza.
Da quanto si evince dai verbali dal Dottore Alfredo Russo, Pretore del mandamento di Loreto, in questo periodo la maggior parte della popolazione locale rimase indifferente alle vicende belliche che accadevano nel resto d’Europa.
Nel corso del 1914 si verificarono due episodi molto significativi che non ebbero conseguenze sugli animi dei loretani.
Il 2 luglio, in coincidenza dell’arrivo al molo di Trieste delle salme dei reali assassinati, Francesco Ferdinando d’Asburgo e la sua consorte Sopire Chotek von Chotkowa, nella Basilica della Santa Casa, il Vescovo della Diocesi Recanati-Loreto, Alfonso Maria Andreoli e i padri cappuccini si radunarono in preghiera nella Cappella dei popoli tedeschi (attuale Cappella tedesca) per sentirsi spiritualmente uniti alla famiglia imperiale d’Austria e di Ungheria, definita dalla chiesa cattolica “Pia Imperialis Familia”.
La decisione, presa dal vescovo e dai cappuccini non passò inosservata da tre giovani studenti universitari loretani, vicini al pensiero nazionalista: Domenico Mazzoni, Bernardo Sisti e Dante Vergini entrarono in chiesa e gridarono :-Evviva il popolo Serbo !!! Abbasso l’Aquila bicipite !!!-.
I tre furono poi trattenuti nella caserma locale dei carabinieri con l’accusa di atti violenti in luogo di culto.
Il secondo episodio accadde il 24 ottobre del 1914: al porto di Ancona giunsero, sotto la protezione della Croce Rossa Militare Italiana, circa un centinaio di armeni che fuggivano dai primi accenni di pulizia etnica ad opera dell’Impero Ottomano, i quali furono  dislocati, nei giorni successivi, nei vari comuni della Provincia dorica ed a Loreto, dove trovarono alloggio dodici armeni.
Il comune di Loreto e il Pio Istituto della Santa Casa decisero di mettere a loro disposizione  alcune abitazioni, con affitti bassi o bloccati, lungo la via delle Casette e a Villa Costantina.
Tra questi si deve ricordare il professore di chimica e fisica Serž Tamburagian (1849-1918), capo della resistenza antiturca nel suo paese natale Artashat (attuale Armenia) il quale venne utilizzato dal circolo repubblicano locale come strumento per sensibilizzare gli animi dei cittadini loretani alle crudeltà dell’Impero Ottomano, da poco entrato in guerra a fianco degli Imperi Centrali.
Nonostante ciò, lo stato d’animo della popolazione rimase indifferente.
In seguito all’entrata in guerra del Regno d’Italia (24 maggio 1915) ed in modo particolare al bombardamento navale da parte dell’Imperial Regia marina Austroungarica dei ponti sul Fiume Potenza (Portorecanati) dove morirono tre giovani portorecanatesi che abitavano nei pressi del fiume, la realtà locale subì un cambiamento.
A livello politico, si verificarono le dimissioni e al passaggio sui banchi dell’opposizione del primo cittadino Santori e del consigliere Luigi Copertari, entrambi liberali neutralisti o filo giolittiani e dei tre consiglieri cattolici (Dante Brancondi, Alessandro Gatti e Pietro Vivani). Si insediò una nuova maggioranza formata da un alleanza tra interventisti liberali, Movimento radicale e repubblicani.
Il nuovo sindaco (pro sindaco o sindaco governativo) fu il consigliere Giuseppe Pasquini, già assessore dei lavori pubblici della giunta Santori.
Rimasero all’opposizione i tre consiglieri socialisti: Giacomo Castellani, Cesare Lucconi e il professore Silvio Staffolani i quali, organizzarono per tutta la durata della guerra banchetti o manifestazioni contro la legislazione bellica locale e nazionale, ed a favore di una pace universale.
Con la nuova maggioranza iniziò la legislatura bellica: tra i primi provvedimenti vi furono la chiusura anticipata dei uffici commerciali, l’oscuramento contro i pericoli della guerra e, in accordo con il Pio Istituto della Santa Casa, si provvide a consegnare dei permessi straordinari ai giovani mezzadri che, ritornati dal fronte per un breve periodo di licenza, venivano impiegati per la coltivazione delle terre.
Un altro fattore da tenere in considerazione fu di natura psicologica, che divenne sempre più evidente negli anni avvenire: l’insofferenza e l’odio della popolazione verso questo stato perenne di guerra che non sembrava mai avere termine.
La lenta militarizzazione della società italiana coinvolse anche la città di Loreto in quanto, dopo essere entrata a fare parte del Sistema Difensivo Costiero, a partire dal mese di luglio 1916 Loreto e Portorecanati divennero sede del 84 Battaglione dei bersaglieri, appartenenti all’Undicesimo Reggimento di stanza nel capoluogo Dorico, inoltre il 18 dicembre fu trasferito il Parco Buoi del Regio esercito da Fabriano a Loreto dislocato sul Montereale (campo sportivo vecchio) poiché quest’ultima località era più vicina al fronte.
La guerra mortificò e nello stesso tempo cambiò, per certi aspetti, l’economia di base del comune di Loreto: il turismo religioso.
Durante i quattro anni della guerra, oltre ad essere diminuito il numero di pellegrini e turisti europei a causa del conflitto mondiale, il forestiero italiano che arrivavano nella città di Loreto, per lo più persone anziane o bambini visto che i ragazzi erano al fronte, soggiornava per poco tempo ed era solito recarsi solo in chiesa per chiedere Grazia alla Vergine affinchè i mariti o figli ritornassero al più presto dal fronte.
Questo nuovo modo di pellegrinare fu poco accettato dai commercianti ed albergatori locali i quali leggendo le inchiesto della Regia pretura, si evince che vedevano la guerra come un impedimento per i loro affari.
Contemporaneamente, il malessere e la diffusione di furti stava lentamente espandendosi anche a Loreto, in modo particolare nella periferia più povera della città (Via Costa Bianca, Via delle Casette, Villa Costantina, Villa Musone e Via Grotta l’odierna frazione Grotte e Montarice).
In seguito alla Spedizione punitiva sulle dolomiti dei mesi maggio e giugno 1916 (Strafexpedition), la situazione sociale a Loreto peggiorò ulteriormente.
La cittadina venne individuata come campo profughi per italiani o immigrati austroungarici di lingua italiana che fuggivano dal fronte alpino o isontino; gli immigrati nel nostro comune raggiungeranno alla fine del 1918  la cifra di 332 unità.
Questi immigrati andranno a stanziarsi in Via Costa D’Ancona, Via delle Casette, Villa Costantina e Centro Storico, in seguito a ristrutturazioni o piani regolatori.
In conseguenza di questo esodo aumentarono atti di delinquenza. Se per sconfiggerla furono aumentati il numero delle guardie municipali, d’altra parte non mancarono atti di generosità e di beneficenza da parte di enti o di privati cittadini: il Pio Istituto della Santa Casa impiegò come lavoratori a cottimo di terra oltre i soldati loretani che venivano in licenza mensile anche i poveri della città e i profughi per permettere loro quel minimo salariale per il mantenimento del nucleo familiare.
Il primario dell’ospedale Santa Casa, Professore Ferdinando Fabrini, in accordo con il Ministero della Guerra e con la Provincia di Ancona, fece ricoverare nel nosocomio sia i soldati feriti che giungevano dal fronte sia i profughi che presentavano “piccoli malesseri”.
Si ricordi inoltre che per volontà del suddetto ministero, venne aperto in prossimità del fronte Carsico un punto di Primo intervento del nostro Nosocomio, perché, era ritenuto all’avanguardia per certe cure mediche (Chirurgia e medicina d’emergenza).
All’epoca del conflitto, sul territorio si distinsero due ecclesiastici: il diocesano Don Orlando Boromei, cappellano dell’ospedale Santa Casa che fu richiamato più volte dalle autorità ecclesiastiche della diocesi di Recanati e Loreto poiché, durante i sermoni quotidiani che teneva nella cappella ospedaliera, invitava i ricoverati e i numerosi soldati italiani ospitati nel nosocomio a riprendersi al più presto per continuare a combattere il nemico e portare a compimento l’unità del Regno.
Altro sacerdote esemplare e molto diverso da Don Boromei, fu il Frate Conventuale  del Protettorato di San Giuseppe, Padre Filippo Colajacono che si distinse sia nell’aiutare gli orfani, il quale numero in questi anni rimase costante, sia i poveri della città portando loro beni alimentari di prima necessità; il suo esempio sarà preso come spunto sia dai partiti politici locali che dalla giunta municipale.
La Rivoluzione Russa del 1917 ebbe ripercussioni politiche e sociali anche a Loreto.
 Alcuni giovani loretani che stavano nelle trincee incominciarono a entrare in contatto con alcuni socialisti che, durante i momenti di non attacco, scambiavano battute e commenti sui fatti che accadevano in Russia.
Durante le licenze bimestrali, cinque giovani loretani si iscrissero alla sezione socialista locale ed incoraggiati dallo spirito internazionalista, pacifista e rivoluzionario trovarono delle scuse per non ripartire per il fronte ma furono costretti a cambiare opinione perché altrimenti avrebbero pagato una multa di Lire 80 o scontato una pena in prima linea.
I cinque, classificati dalla Pretura filo rivoluzionari erano: Luigi Carlo Antinori, Luigi Beccacece, Luigi Giuggiolini, Giuseppe Mariano Mariani, ed Antonio Sbaffo.
A livello ideologico, la rivoluzione Russa riaccese inoltre il mai assopito spirito anticlericale di cittadini facinorosi ed atti alla violenza così come si annota nei verbali della Pretura locale.
Sabato 31 marzo 1917, venne trovato appeso di fronte al convento dei Frati Minori Cappuccini, un biglietto che inneggiava alla soppressione del clero russo; l’attacco contro il clero italiano era ulteriormente aumentato in seguito all’appello dell’ ”Inutile Strage” di Benedetto XV.
Un altro episodio, che vale la pena ricordare, è la manifestazione/comizio organizzato a Villa Musone dalla Lega Mezzadrile della Bassa Valle del Musone (Osimo, Castelfidardo, Loreto, Recanati e Portorecanati) per la raccolta di fondi per aiutare quelle famiglie colpite da lutti causati dalla guerra.
In questa circostanza, il segretario locale del circolo Socialista, Luigi Barabani, a differenza del socialista riformista Maceratese Domenico Spadoni, tenne un discorso più rivoluzionario invitando i mezzadri presenti a occupare le terre dei proprietari terrieri come atto di protesta contro l’economia di guerra.
Nel 1917, in seguito all’entrata in guerra degli USA a fianco dell’Intesa, l’Ambasciatore americano Thomas Nelson Page durante il suo viaggio istituzionale nelle Marche (Urbino, Ancona, ed Ascoli Piceno) fece visita anche a Loreto.
Tale gesto servì per dimostrare la vicinanza del popolo americano allo sforzo bellico italiano.
In seguito alla disfatta di Caporetto (ottobre 1917) e al secondo e ultimo bombardamento questa volta aereo di Portorecanati, che non causò fortunatamente altre vittime, comportò, da un punto di vista politico, l’insediamento di una giunta d’emergenza nazionale alla cui guida si insediò il sindaco Alfredo Quadri, assessore all’istruzione turismo sia nella giunta Santori che nella giunta Pasquini.
La nuova maggioranza, formata da liberali, liberali-cattolici, rientrati per spirito patriottico, e  dal Movimento Radicale con l’appoggio esterno del Partito Repubblicano, inaugurò una nuova linea politica sociale, attenta alla popolazione in particolare modo nelle campagne e in  periferia dove, in seguito alla Rivoluzione Russa, si stava ulteriormente diffondendo l’ideologia socialista.
La situazione alimentare a Loreto era arrivata agli eccessi tanto che nel 1918 si verificarono degli episodi singolari.
Venerdì 18 gennaio l’agricoltore Saturnio Ascani, mezzadro del Pio Istituto della Santa Casa, che abitava tra Villa Musone e Stazione, era solito portare le sue uova e le galline più belle e grasse al mercato settimanale cittadino: nel pollaio trovò solo galline ma nessun uovo; sotto una chioccia trovò un biglietto dove era scritto in un italiano non colto, come è stato riportato dai verbali dei carabinieri:

“Le galine l’emo lassate, cuscì quanno ripassamo, riprendemo n’altra vo’ gl’ovi per sfama’ la mia familia.
Firmato n’omo che non ci a più gnè da magna”.

Altro fatto divertente per certi aspetti è che nei pressi della pescheria nel 1918 si contavano 21 gatti contro i 40 dell’inizio della guerra.
Rimanendo sempre sul tema felino, la Signora Pergolesi tenne a subbuglio la locale caserma dei carabinieri per tre giorni poiché il suo gatto persiano, definito da lei stessa d’inestimabile valore, era scomparso.
Risulterà che il felino si era momentaneamente accasato in un'altra abitazione perché, da come si legge nei verbali, “era andato in fuga d’amore”.
In seguito a questi due curiosi episodi che sottolineano come la situazione nella città di Loreto si era fatta grave, il comune, supportato dal Pio Istituto della Santa Casa, dal convento dei Frati Minori Conventuali e dall’Associazione volontaria della Croce Verde, istituì delle cucine itineranti per poveri; una nei pressi di Piazza Carbone (attuale piazza Basili), una in piazza di Villa Musone e un’altra nella Piazzetta di Villa Costantina; alle mense nei giorni di lunedì, mercoledì e sabato distribuivano cibo ai più bisognosi ai quali si consegnò una tessera alimentare a bollini.
Secondo dati sempre dell’epoca, la situazione sociale del comune di Loreto, era comunque migliore rispetto alle altre comunità della provincia di Ancona visto la presenza nel suo territorio di associazioni o istituti pubblici o privati che facevano beneficenza.
Il pessimismo e disfattismo iniziale diffuso tra quasi tutti gli strati della popolazione lentamente si risollevò, grazie alle feste nazionali organizzate in loco, secondo le disposizioni prefettizie (quella del 17 marzo, festa della Proclamazione del Regno e quella dello Statuto Albertino, che capita ogni primo giorno festivo di giugno), e alla vittoria tattica da parte del Regio esercito nella Seconda Battaglia del Piave (15-22 giugno 1918) e delle vicende del Fatto di Ancona, (il tentativo di sbarco da parte di alcuni sabotatori dell’Imperial Regia marina austroungarica a Marzocca di Senigallia e al porto di Ancona fortunatamente non andato a buon fine) che come era di consuetudine, venne molto enfatizzato dalla la stampa locale dell’epoca.
Fu proprio in seguito allo Fatto di Ancona, che venne potenziato il numero di bersaglieri presenti sia a Portorecanati che a Loreto.
Se da una parte l’aumento del presidio militare sprigionò molte critiche e manifestazioni itineranti da parte del Partito Socialista, attraverso i cosiddetti banchetti, dall’altra incremento l’economia locale.
Infatti il bersagliere, oltre a combattere, era solito, nei momenti di libera uscita, venire in basilica, soffermandosi nelle locande o osterie, favorendo così un risveglio del settore turistico che stava attraversando un momento di ristagno durante la Grande Guerra. Questa nuova atmosfera che si respirava in città fece si che, il morale dei loretani passasse da un atteggiamento di sfiducia e rassegnazione nei confronti delle autorità civili e militari sia locali che nazionali (lungo effetto di Caporetto) ad un atteggiamento più benevolo e fiducioso nei loro confronti.
Con l’armistizio di Villa Giusti (Verona), la Prima Guerra Mondiale era terminata anche a Loreto tra esultanza e commozione; avevano perso la vita e contribuito alla vittoria sessantotto loretani, i quali nomi venivano ricordati negli anni del conflitto durante le sedute dei consigli comunali da parte di Lionello Marini, in carica come segretario comunale dal 1914 al 1917 e dal consigliere Giuseppe Vicaro, subentrato nel 1916 in seguito alla morte di Domenico Valeri, e divenuto segretario pro tempore dal 1917 a 1920, anno in cui terminò la legislatura di Alfredo Quadri.
Francesco Maria Clementi