LORETO NELLA GRANDE GUERRA
di Francesco Maria Clementi
prefazione di Massimo Coltrinari
(nota dell'Autore)
Nei
mesi di Giugno e Luglio del 1914, nelle Marche si tennero le elezioni
provinciali e comunali; a Loreto, si riconfermò alla guida della città il
cavaliere Domenico Santori, sindaco e deputato nel lungo periodo giolittiano
(1901-1913), che rappresentava l’alleanza tra liberali, liberali-cattolici (entrati
nella politica in seguito al Patto Gentiloni del 1913) e il Movimento Radicale
Italiano.
Per
le provinciali, nel settimo Mandamento della Provincia di Ancona, comprendente la
città di Loreto, venne eletto, grazie ad un’alleanza politica tra Partito Socialista
e Partito Repubblicano, l’ingegnere Domenico Valeri, deputato repubblicano del
seggio di Osimo-Loreto dal 1897 al 1913: erano ancora evidenti gli effetti politici
e sociali della trascorsa Settimana Rossa di Ancona (7-14 giugno 1914). Questo
è il quadro politico della città di Loreto, durante il periodo della non
belligeranza.
Da
quanto si evince dai verbali dal Dottore Alfredo Russo, Pretore del mandamento
di Loreto, in questo periodo la maggior parte della popolazione locale rimase
indifferente alle vicende belliche che accadevano nel resto d’Europa.
Nel
corso del 1914 si verificarono due episodi molto significativi che non ebbero
conseguenze sugli animi dei loretani.
Il 2 luglio, in coincidenza dell’arrivo al molo di
Trieste delle salme dei reali assassinati, Francesco Ferdinando d’Asburgo e la
sua consorte Sopire Chotek von
Chotkowa, nella Basilica della Santa Casa, il Vescovo della Diocesi Recanati-Loreto,
Alfonso Maria Andreoli e i padri cappuccini si radunarono in preghiera nella Cappella
dei popoli tedeschi (attuale Cappella tedesca) per sentirsi spiritualmente
uniti alla famiglia imperiale d’Austria e di Ungheria, definita dalla chiesa
cattolica “Pia Imperialis Familia”.
La decisione, presa dal vescovo e dai
cappuccini non passò inosservata da tre giovani studenti universitari loretani,
vicini al pensiero nazionalista: Domenico Mazzoni, Bernardo Sisti e Dante Vergini
entrarono in chiesa e gridarono :-Evviva il popolo Serbo !!! Abbasso l’Aquila
bicipite !!!-.
I tre furono poi trattenuti nella
caserma locale dei carabinieri con l’accusa di atti violenti in luogo di culto.
Il secondo episodio accadde il 24 ottobre del
1914: al porto di Ancona giunsero, sotto la protezione della Croce Rossa
Militare Italiana, circa un centinaio di armeni che fuggivano dai primi accenni di pulizia etnica ad opera
dell’Impero Ottomano, i quali furono dislocati, nei giorni successivi, nei vari
comuni della Provincia dorica ed a Loreto, dove trovarono alloggio dodici
armeni.
Il comune di Loreto e il Pio Istituto della
Santa Casa decisero di mettere a loro disposizione alcune abitazioni, con affitti bassi o
bloccati, lungo la via delle Casette e a Villa Costantina.
Tra questi si deve ricordare il professore di
chimica e fisica Serž Tamburagian (1849-1918), capo della resistenza antiturca nel suo
paese natale Artashat (attuale Armenia) il quale venne utilizzato dal circolo
repubblicano locale come strumento per sensibilizzare gli animi dei cittadini
loretani alle crudeltà dell’Impero Ottomano, da poco entrato in guerra a fianco
degli Imperi Centrali.
Nonostante ciò, lo stato d’animo della
popolazione rimase indifferente.
In seguito all’entrata in guerra del Regno d’Italia (24
maggio 1915) ed in modo particolare al bombardamento navale da parte
dell’Imperial Regia marina Austroungarica dei ponti sul Fiume Potenza (Portorecanati)
dove morirono tre giovani portorecanatesi che abitavano nei pressi del fiume, la
realtà locale subì un cambiamento.
A livello politico, si verificarono le
dimissioni e al passaggio sui banchi dell’opposizione del primo cittadino
Santori e del consigliere Luigi Copertari, entrambi liberali neutralisti o filo
giolittiani e dei tre consiglieri cattolici (Dante Brancondi, Alessandro Gatti
e Pietro Vivani). Si insediò una nuova maggioranza formata da un alleanza tra
interventisti liberali, Movimento radicale e repubblicani.
Il
nuovo sindaco (pro sindaco o sindaco governativo) fu il consigliere Giuseppe
Pasquini, già assessore dei lavori pubblici della giunta Santori.
Rimasero
all’opposizione i tre consiglieri socialisti: Giacomo Castellani, Cesare
Lucconi e il professore Silvio Staffolani i quali, organizzarono per tutta la
durata della guerra banchetti o manifestazioni contro la legislazione bellica
locale e nazionale, ed a favore di una pace universale.
Con
la nuova maggioranza iniziò la legislatura bellica: tra i primi provvedimenti
vi furono la chiusura anticipata dei uffici commerciali, l’oscuramento contro i
pericoli della guerra e, in accordo con il Pio Istituto della Santa Casa, si
provvide a consegnare dei permessi straordinari ai giovani mezzadri che,
ritornati dal fronte per un breve periodo di licenza, venivano impiegati per la
coltivazione delle terre.
Un
altro fattore da tenere in considerazione fu di natura psicologica, che divenne
sempre più evidente negli anni avvenire: l’insofferenza e l’odio della
popolazione verso questo stato perenne di guerra che non sembrava mai avere termine.
La
lenta militarizzazione della società italiana coinvolse anche la città di
Loreto in quanto, dopo essere entrata a fare parte del Sistema Difensivo Costiero,
a partire dal mese di luglio 1916 Loreto e Portorecanati divennero sede del 84 Battaglione dei bersaglieri, appartenenti
all’Undicesimo Reggimento di stanza nel capoluogo Dorico, inoltre il 18
dicembre fu trasferito il Parco Buoi del Regio esercito da Fabriano a Loreto
dislocato sul Montereale (campo sportivo vecchio) poiché quest’ultima località era
più vicina al fronte.
La
guerra mortificò e nello stesso tempo cambiò, per certi aspetti, l’economia di
base del comune di Loreto: il turismo religioso.
Durante
i quattro anni della guerra, oltre ad essere diminuito il numero di pellegrini
e turisti europei a causa del conflitto mondiale, il forestiero italiano che
arrivavano nella città di Loreto, per lo più persone anziane o bambini visto
che i ragazzi erano al fronte, soggiornava per poco tempo ed era solito recarsi
solo in chiesa per chiedere Grazia alla Vergine affinchè i mariti o figli
ritornassero al più presto dal fronte.
Questo
nuovo modo di pellegrinare fu poco accettato dai commercianti ed albergatori locali
i quali leggendo le inchiesto della Regia pretura, si evince che vedevano la
guerra come un impedimento per i loro affari.
Contemporaneamente, il malessere e la diffusione di furti
stava lentamente espandendosi anche a Loreto, in modo particolare nella
periferia più povera della città (Via Costa Bianca, Via delle Casette, Villa
Costantina, Villa Musone e Via Grotta l’odierna frazione Grotte e Montarice).
In seguito alla Spedizione punitiva sulle dolomiti dei mesi
maggio e giugno 1916 (Strafexpedition), la
situazione sociale a Loreto peggiorò ulteriormente.
La cittadina venne individuata come campo
profughi per italiani o immigrati austroungarici di lingua italiana che
fuggivano dal fronte alpino o isontino; gli immigrati nel nostro comune raggiungeranno
alla fine del 1918 la cifra di 332 unità.
Questi immigrati andranno a stanziarsi in Via
Costa D’Ancona, Via delle Casette, Villa Costantina e Centro Storico, in
seguito a ristrutturazioni o piani regolatori.
In conseguenza di questo esodo aumentarono atti
di delinquenza. Se per sconfiggerla furono aumentati il numero delle guardie
municipali, d’altra parte non mancarono atti di generosità e di beneficenza da
parte di enti o di privati cittadini: il Pio Istituto della Santa Casa impiegò
come lavoratori a cottimo di terra
oltre i soldati loretani che venivano in licenza mensile anche i poveri della
città e i profughi per permettere loro quel minimo salariale per il
mantenimento del nucleo familiare.
Il primario dell’ospedale Santa Casa,
Professore Ferdinando Fabrini, in accordo con il Ministero della Guerra e con
la Provincia di Ancona, fece ricoverare nel nosocomio sia i soldati feriti che
giungevano dal fronte sia i profughi che presentavano “piccoli malesseri”.
Si ricordi inoltre che per volontà del suddetto
ministero, venne aperto in prossimità del fronte Carsico un punto di Primo
intervento del nostro Nosocomio, perché, era ritenuto all’avanguardia per certe
cure mediche (Chirurgia e medicina d’emergenza).
All’epoca del conflitto, sul territorio si
distinsero due ecclesiastici: il diocesano Don Orlando Boromei, cappellano
dell’ospedale Santa Casa che fu richiamato più volte dalle autorità
ecclesiastiche della diocesi di Recanati e Loreto poiché, durante i sermoni
quotidiani che teneva nella cappella ospedaliera, invitava i ricoverati e i
numerosi soldati italiani ospitati nel nosocomio a riprendersi al più presto
per continuare a combattere il nemico e portare a compimento l’unità del Regno.
Altro sacerdote esemplare e molto diverso da
Don Boromei, fu il Frate Conventuale del
Protettorato di San Giuseppe, Padre Filippo Colajacono che si distinse sia
nell’aiutare gli orfani, il quale numero in questi anni rimase costante, sia i
poveri della città portando loro beni alimentari di prima necessità; il suo
esempio sarà preso come spunto sia dai partiti politici locali che dalla giunta
municipale.
La Rivoluzione Russa del 1917 ebbe
ripercussioni politiche e sociali anche a Loreto.
Alcuni
giovani loretani che stavano nelle trincee incominciarono a entrare in contatto
con alcuni socialisti che, durante i momenti di non attacco, scambiavano
battute e commenti sui fatti che accadevano in Russia.
Durante le licenze bimestrali, cinque giovani
loretani si iscrissero alla sezione socialista locale ed incoraggiati dallo
spirito internazionalista, pacifista e rivoluzionario trovarono delle scuse per
non ripartire per il fronte ma furono costretti a cambiare opinione perché
altrimenti avrebbero pagato una multa di Lire 80 o scontato una pena in prima
linea.
I cinque, classificati dalla Pretura filo
rivoluzionari erano: Luigi Carlo Antinori, Luigi Beccacece, Luigi Giuggiolini,
Giuseppe Mariano Mariani, ed Antonio Sbaffo.
A livello ideologico, la rivoluzione Russa
riaccese inoltre il mai assopito spirito anticlericale di cittadini facinorosi
ed atti alla violenza così come si annota nei verbali della Pretura locale.
Sabato 31 marzo 1917, venne trovato appeso di
fronte al convento dei Frati Minori Cappuccini, un biglietto che inneggiava
alla soppressione del clero russo; l’attacco contro il clero italiano era
ulteriormente aumentato in seguito all’appello dell’ ”Inutile Strage” di
Benedetto XV.
Un altro episodio, che vale la pena ricordare, è
la manifestazione/comizio organizzato a Villa Musone dalla Lega Mezzadrile
della Bassa Valle del Musone (Osimo, Castelfidardo, Loreto, Recanati e
Portorecanati) per la raccolta di fondi per aiutare quelle famiglie colpite da
lutti causati dalla guerra.
In questa circostanza, il segretario locale del
circolo Socialista, Luigi Barabani, a differenza del socialista riformista
Maceratese Domenico Spadoni, tenne un discorso più rivoluzionario invitando i
mezzadri presenti a occupare le terre dei proprietari terrieri come atto di
protesta contro l’economia di guerra.
Nel 1917, in seguito all’entrata in guerra
degli USA a fianco dell’Intesa, l’Ambasciatore americano Thomas Nelson Page durante
il suo viaggio istituzionale nelle Marche (Urbino, Ancona, ed Ascoli Piceno) fece
visita anche a Loreto.
Tale gesto servì per dimostrare la vicinanza
del popolo americano allo sforzo bellico italiano.
In seguito alla disfatta di Caporetto (ottobre
1917) e al secondo e ultimo bombardamento questa volta aereo di Portorecanati,
che non causò fortunatamente altre vittime, comportò, da un punto di vista
politico, l’insediamento di una giunta d’emergenza nazionale alla cui guida si
insediò il sindaco Alfredo Quadri, assessore all’istruzione turismo sia nella
giunta Santori che nella giunta Pasquini.
La nuova maggioranza, formata da liberali,
liberali-cattolici, rientrati per spirito patriottico, e dal Movimento Radicale con l’appoggio esterno
del Partito Repubblicano, inaugurò una nuova linea politica sociale, attenta
alla popolazione in particolare modo nelle campagne e in periferia dove, in seguito alla Rivoluzione Russa,
si stava ulteriormente diffondendo l’ideologia socialista.
La situazione alimentare a Loreto era arrivata
agli eccessi tanto che nel 1918 si verificarono degli episodi singolari.
Venerdì 18 gennaio l’agricoltore Saturnio Ascani, mezzadro
del Pio Istituto della Santa Casa, che abitava tra Villa Musone e Stazione, era
solito portare le sue uova e le galline più belle e grasse al mercato
settimanale cittadino: nel pollaio trovò solo galline ma nessun uovo; sotto una
chioccia trovò un biglietto dove era scritto in un italiano non colto, come è
stato riportato dai verbali dei carabinieri:
“Le galine
l’emo lassate, cuscì quanno ripassamo, riprendemo n’altra vo’ gl’ovi per sfama’
la mia familia.
Firmato
n’omo che non ci a più gnè da magna”.
Altro fatto divertente per certi aspetti è che
nei pressi della pescheria nel 1918 si contavano 21 gatti contro i 40
dell’inizio della guerra.
Rimanendo sempre sul tema felino, la Signora Pergolesi
tenne a subbuglio la locale caserma dei carabinieri per tre giorni poiché il
suo gatto persiano, definito da lei stessa d’inestimabile valore, era
scomparso.
Risulterà che il felino si era momentaneamente
accasato in un'altra abitazione perché, da come si legge nei verbali, “era
andato in fuga d’amore”.
In seguito a questi due curiosi episodi che
sottolineano come la situazione nella città di Loreto si era fatta grave, il
comune, supportato dal Pio Istituto della Santa Casa, dal convento dei Frati
Minori Conventuali e dall’Associazione volontaria della Croce Verde, istituì
delle cucine itineranti per poveri; una nei pressi di Piazza Carbone (attuale
piazza Basili), una in piazza di Villa Musone e un’altra nella Piazzetta di
Villa Costantina; alle mense nei giorni di lunedì, mercoledì e sabato distribuivano
cibo ai più bisognosi ai quali si consegnò una tessera alimentare a bollini.
Secondo dati sempre dell’epoca, la situazione
sociale del comune di Loreto, era comunque migliore rispetto alle altre
comunità della provincia di Ancona visto la presenza nel suo territorio di
associazioni o istituti pubblici o privati che facevano beneficenza.
Il pessimismo e disfattismo iniziale diffuso
tra quasi tutti gli strati della popolazione lentamente si risollevò, grazie
alle feste nazionali organizzate in loco, secondo le disposizioni prefettizie (quella
del 17 marzo, festa della Proclamazione del Regno e quella dello Statuto
Albertino, che capita ogni primo giorno festivo di giugno), e alla vittoria
tattica da parte del Regio esercito nella Seconda Battaglia del Piave (15-22
giugno 1918) e delle vicende del Fatto di
Ancona, (il tentativo di sbarco da parte di alcuni sabotatori dell’Imperial
Regia marina austroungarica a Marzocca di Senigallia e al porto di Ancona
fortunatamente non andato a buon fine) che come era di consuetudine, venne
molto enfatizzato dalla la stampa locale dell’epoca.
Fu proprio in seguito allo Fatto di Ancona, che venne potenziato il numero di bersaglieri
presenti sia a Portorecanati che a Loreto.
Se da una parte l’aumento del presidio militare
sprigionò molte critiche e manifestazioni itineranti da parte del Partito
Socialista, attraverso i cosiddetti banchetti, dall’altra incremento l’economia
locale.
Infatti il bersagliere, oltre a combattere, era
solito, nei momenti di libera uscita, venire in basilica, soffermandosi nelle
locande o osterie, favorendo così un risveglio del settore turistico che stava
attraversando un momento di ristagno durante la Grande Guerra. Questa nuova
atmosfera che si respirava in città fece si che, il morale dei loretani
passasse da un atteggiamento di sfiducia e rassegnazione nei confronti delle
autorità civili e militari sia locali che nazionali (lungo effetto di
Caporetto) ad un atteggiamento più benevolo e fiducioso nei loro confronti.
Con l’armistizio di Villa Giusti (Verona), la
Prima Guerra Mondiale era terminata anche a Loreto tra esultanza e commozione;
avevano perso la vita e contribuito alla vittoria sessantotto loretani, i quali
nomi venivano ricordati negli anni del conflitto durante le sedute dei consigli
comunali da parte di Lionello Marini, in carica come segretario comunale dal
1914 al 1917 e dal consigliere Giuseppe Vicaro, subentrato nel 1916 in seguito
alla morte di Domenico Valeri, e divenuto segretario pro tempore dal 1917 a
1920, anno in cui terminò la legislatura di Alfredo Quadri.
Francesco Maria Clementi
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