La Sicurezza del territorio. Un fucile arruginito
Sul finire degli anni trenta le condizioni socio-politiche
dell’Italia si erano giocoforza stabilizzate. La marcia su Roma dell’ottobre
del 1922 fu un vero e proprio colpo di Stato che, avallato ed accettato dal Re
e dal vertice politico terrorizzati dalla esperienza in Russia e dal pericolo
rosso, aveva portato il fascismo al potere. Fino al delitto Matteotti (1924) vi
fu un simulacro di regime parlamentare, ma con l’uccisione del deputato
socialista, che alla camera aveva denunciato pubblicamente le violazioni dello
statuto albertino e delle leggi liberali, il fascismo estremista impose a
Mussolini un ulteriore giro di vite in termini di libertà. Furono le leggi del
3 gennaio 1925, dette “fascistissime” che privò gli italiani di ogni liberta e
diede vita alla dittatura. Tutto questo avallato dal Re e dai rappresentanti
delle classi agiate, convinte di aver messo al sicuro i propri privilegi e le
proprie fortune. Iniziava il “ventennio” e tutto era sotto controllo, i treni
arrivavano in orario, ed il sistema poliziesco di controllo si perfezionava
sempre più. Vi era, oltre alla normale Polizia, l’OVRA (Organizzazione
vigilanza repressione antifascismo oppure Organizzazione vigilanza reati
antistatali) formata da uffici speciali di polizia in seno alla Direzione
generale di P.S. (dipendente dal ministero dell’Interno, in mano a Mussolini)
che fu istituita verso la fine del 1927 da Arturo Bocchini ed adibita al
servizio d’investigazione , pedinamento ed infiltrazione, anche all’estero. Aveva
il suo ordinamento con circa 400 agenti e si avvalevano di oltre 900
“Informatori” vere e proprie spie
segrete pagati direttamente dal centro. Ogni informatore non aveva un nome ma
un numero o un nome di battaglia. Il popolo italiano era così ben sorvegliato.
Dopo l’attentato di Bologna del 26 maggio 1927 contro Mussolini a tutti gli
italiani fu ritirato il passaporto, mentre era vietato trasferirsi da una
località all’altra del Regno se non muniti di permessi rilasciati dalle
autorità di polizia; erano vietate le serrate e lo sciopero, mentre negli
uffici di collocamento i posti di lavoro venivano assegnati in base al numero
della tessera di iscrizione al PNF. Il 27 novembre 1925 la Camera dei Deputati
(ancora si chiamava così) approvò la legge che istituiva il podestà di nomina
prefettizia (e non più elettiva) nei comuni con popolazione inferiore ai 5000
abitanti (7337 si 9148 Comuni) al posto del sindaco scelto con suffragio
popolare, poi la legge venne estesa (1926) a tutti i Comuni del Regno. Restava
in carica 5 anni e doveva possedere il
titolo di scuola media superiore. I podestà venivano sempre scelti tra le
persone di fede sicura e con la tessera del partito. Nelle grandi città erano
speso gerarchi. In questo contesto, in cui Osimo non faceva eccezione, è molo
facile comprendere quanto scrive Filippo Scarponi in merito alla sicurezza
pubblica nel territorio osimano:
Circa le
condizioni sociali del territorio e per quanto riguarda la pubblica sicurezza,
dopo le parole dette antecedentemente sul carattere mite della popolazione poco
v'è da aggiungere. Il lavoro dei campi non è turbato da nessuna causa,
rarissimi sono i furti e questi tutti di lievissima entità. Non si verificano
mai, e ciò si può affermare con sicurezza, delitti che sono l'espressione e la
manifestazione ultima di un sentimento d'odio, di rancore, di vendetta.
Cosicché il contadino riposa tranquillo nella sua casa la notte, e nella
maggioranza dei casi, fidato nella difesa che gli può offrire un fucile
antidiluviano, su cui la ruggine ha aumentato di qualche millimetro lo spessore
delle pareti della canna!
Tutto
era in ordine, una sorta di mulino bianco della pubblicità odierna, un di
paradiso terrestre in cui mancava solo una cosa: la libertà.
Nessun commento:
Posta un commento