LA FAMIGLIA ED IL
PODERE II
Lo scorso numero abbiamo introdotto, nel quadro della
descrizione dell’aspetto agrario del Comune di Osimo alla fine degli anni
venti, il rapporto tra la famiglia ed il podere, descrivendo l’articolazione di
detta famiglia, tipica di quel tempo, in cui tre generazioni erano
rappresentate. Prima di analizzare direttamente il rapporto che questa famiglia
ha con il “podere” cioè con la sua fonte si sostentamento e sopravvivenza,
diamo ancora un ulteriore sguardo all’interno di detta famiglia. Come detto a
capo vi era il “capoccia” detto anche “vergaro”, in questo nostro esempio
indicato con il nome Mario, affiancato da sua moglie, Elena, detta la
“vergara”.
La nostra fonte[1]
indicano alcune linee di comportamento che sono comuni della nostra tradizione
marchigiana. Ad esempi “….durante l'inverno le donne tutte siedono al telaio e
preparano gli indumenti per la famiglia, mentre gli uomini hanno occupata la
loro attività nella potatura delle piante legnose, nella preparazione e
riparazione degli attrezzi. Negli anni venti ancora la meccanizzazione
dell’agricoltura era agli albori e quindi gli uomini ancora non si erano
trasformati in esperti meccanici come lo sarà
in pieno a partire dal secondo dopoguerra. Erano presenti i primi
trattori, in parte di produzione nazionale ed in parte di produzione estera.
Sotto il profilo spirituale e religioso le notizie che la
nostra fonte ci fornisce riferiscono di una famiglia particolare e fortunata.
“A circa un paio di Km. dalla casa, sorge la Chiesa
Parrocchiale, frequentata assiduamente nelle feste, dai membri della famiglia,
che nelle loro semplici e devote manifestazioni di fede non risentono né di
pagana idolatria, né di superstizione.
Le donne specialmente, gli uomini forse un po’ meno, nutrono
nell’animo tale fede; tutti in ogni modo assolvono quei doveri che impone la
Chiesa.” In molte di loro sono coinvolte nelle iniziative parrocchiali, tra cui
la preparazione degli arredi della chiesa per le cerimonie principali, o del
presepe, che in certi posti a base della ampiezza i preparativi iniziano fin da
settembre, e soprattutto per la festa e ricorrenza del Patrono.
“Non è abitudine degli uomini la bestemmia, solo è da dire di
Carlo che vivendo spesso nel paese ove trova l'impiego della sua opera presso
l’Amministrazione del proprietario, si sente un pochino emancipato e raggiunge
quel certo grado di civiltà che conduce un po' distanti dalle sane e morali
abitudini dell'essere semplice.”
“Chi è pratico della
zona, potrà essere forse meravigliato della composizione così numerosa della
famiglia, giacché non è frequente incontrare ancora aggregati così complessi,
per il sentimento di indipendenza che anima tutti gli uomini lavoratori della
terra allorché, dopo essersi ammogliati hanno costituito una propria famiglia.
Tale aggregato rappresenta uno degli ultimi residui di quelle famiglie
patriarcali, tanto note e tanto caratteristiche dei tempi passati. Nell'ultima
guerra, il capoccia, o “vergaro” ha prestato regolare servizio come soldato,
nell'Artiglieria di fortezza ed è ritornato vivo da quell’immane conflitto che
sicuramente ha forgiato il suo carattere e rafforzato il suo senso di
appartenenza e quello di comunità.
La concordia più serena esiste tra i singoli membri della
casa e ciò è dovuto al fatto che il “capoccia”, il quale esplica integralmente
le sue funzioni, non deroga nei suoi ordini, ed impone un senso di disciplina,
a cui i figli tutti sono ossequienti, nel loro sentito rispetto. Pur mettendo
al corrente i famigliari, è esso che sorveglia l'andamento economico della
casa, che regola i consumi, che impartisce le direttive per le lavorazioni, che
frequenta i mercati e decide su tutte le questioni.
Un senso di cordialità, lega tale famiglia con quelli vicine.
Un senso di rispetto e di obbedienza li lega ai superiori dei quali eseguono
gli ordini ed applicano i consigli, aiutati in ciò da una pratica intelligente,
tanto che la famiglia viene considerata dal proprietario, come una delle
migliori della Tenuta. Il capoccia è membro della commissione di controllo e di
vigilanza che presiede la Mutua assicurazione contro gli infortuni del
bestiame, costituita da lungo tempo in seno all'Azienda, tra i coloni di essa.
[1] Tesi di
Laurea all’Università di Agraria di Perugia sostenuta dal Dott. Filippo
Scarponi nell’anno accademico 1929-1930.