Sanità, analfabetismo ed istruzione
Osimo all
fine degli anni trenta presentava delle
“condizioni sanitarie ottime,
qualche caso di tubercolosi nel Comune, rarissimi nella campagna, assenza
completa di malaria e di lue; l'alcoolismo poco sviluppato. Cosicché le opere
assistenziali trovano nel Comune poca attività, in ogni modo però nel capoluogo
vivono due Società di pronto soccorso, che se pure antecedentemente avevano una
intonazione politica, ora l'hanno abbandonata. Esse
hanno in quasi tutti i centri più numerosi del Comune un loro reparto per il
pronto soccorso. Nel capoluogo inoltre si trova un ospedale attrezzato molto
modernamente, capace di offrire ricovero a 60 ammalati; vi sono cinque farmacie,
cinque medici e tre ostetriche.””[1]
Oltre all’aspetto sanitario che il fascismo ha ristrutturato,
nel campo della assistenza e del tempo libero non vi spazio se non per il
Dopolavoro.
Il fascismo aveva costretto a chiudere o a trasformarsi tutte
quelle associazioni di carattere assistenziale e ricreativo di orientamento
differente ed aveva tutto inglobato nella Opera Nazionale Dopolavoro che nasce
il 1 maggio 1925. La data è significativa. È una grande “trovata” questa del
Dopolavoro in quanto attraverso tutte le sue ramificazioni. ha il compito di
catturare “gli spiriti tiepidi”, soprattutto quello delle classi proletarie e
della bassa borghesia, classi che dovevano portare il maggior peso della
dittatura, a favore delle classi abbienti. L’Opera Nazionale Dopolavoro è lo
strumento per imbrigliare i momenti di pausa di milioni di persone e di
introdurre nel mondo interno ed esterno delle fabbriche e delle campagne una
certa disciplina mediante il controllo delle ore non dedicate al lavoro.[2]
Osimo nel 1929 non faceva eccezione e le campagne e l’abitato era imbrigliato e
controllato. Continuando la descrizione della realtà degli anni alla fine degli
anni ’20 si può dire che la situazione idrica era la seguente:
Nei piccoli centri
rurali arriva l'acqua potabile e molte delle colonie prossime a questi, sono
forniti di essa, le altre colonie ricavano l'acqua da pozzi che generalmente
sono profondi e che offrono un'acqua di buona qualità.”
In altre parole vi era un sistema primordiale di distribuzione
dell’acqua. Si dovrà aspettare il dopoguerra per avere un acquedotto, costruito
in falso antico vicino al Duomo nel punto più alto di Osimo affinchè sia
l’abitato che le campagne avessero l’acqua corrente in casa. Oggi di questa
situazione rimangono i cosiddetti “lavatoi” o fonti. Tutti in un degrado
spaventoso, da terzo mondo; in particolare il lavatoio vicino Porta Musone, il
cui stato di abbandono e di degrado sono inaccettabili, anche nel ricordo di quanto
lavoro e sudore delle donne osimane fu testimone.
Il livello di istruzione rispecchia l’andamento delle regioni
centrali e in parte di quelle meridionali.
Dall’unità d’Italia, lo Stato cercò, ma con poco successo, di
combattere l’analfabetismo. Sulla scia delle scelte dell’Italia liberale, si
cercava di dare a tutti una istruzione elementare.
Ad Osimo “L'analfabetismo,
che nei tempi remoti era una delle piaghe più grandi, di questa regione, va
scomparendo con grande rapidità nell'ambiente rurale. A dimostrazione di ciò
basta osservare come nel 1928 al 31 dicembre gli obbligati alla frequenza erano
1279 ed i frequentanti erano 1246. - Ciò è dovuto non solo al fatto che i
contadini hanno compreso l'importanza di saper scrivere il proprio nome e leggere
le cose che li riguardano; ma anche perché una opportunissima distribuzione
degli edifici scolastici; su tutto il territorio, non permette che qualche
frazione di esso rimanga distante dalla scuola e quindi la popolazione sia
costretta a far sacrifici e lunghi percorsi di cammino per frequentarla.
Nella città (Osimo, n.d.a) un grande edificio scolastico, nel quale 17 maestri svolgono la loro
opera, raccoglie i bimbi della popolazione urbana. Nel Borgo un edificio con
sette maestri raccoglie bimbi in parte cittadini ed in parte agricoltori.
Sparsi nella campagna vi sono 16 edifici scolastici, ove 19 maestri istruiscono
i bimbi della terra. L'istruzione agraria, con le norme dettate dalle
disposizioni legislative, viene impartita agli agricoltori dalla locale sezione
di Cattedra Ambulante, e ad alcuni cittadini attraverso la Scuola di avviamento
professionale al lavoro.”
Durante la Grande Guerra, al fine di aumentare la produzione
agricola nazionale e fronteggiare l’emergenza bellica, furono istituite Cattedre
Agricole Itineranti con lo scopo di aiutare gli agricoltori a migliorare la
propria produzione. Erano Cattedre che si rivolgevano alle donne, in quanto
durante la guerra la quasi totalità dei contadini fu chiamata alle armi ed i
campi furono lasciati in mano a chi rimaneva a casa, cioè a donne, vecchi e
bambini. La donna, principalmente la “vergara” divenne anche in Osimo la
protagonista del mercato e degli affari, stabiliva i prezzi, sceglieva i semi
da concime e trattava con la moglie del “fattore”, e parlava con la “signora”:
anche loro avevano i rispettivi mariti chiamati alle armi. Anche in Osimo come
in tutte le Marche ed in tutta Italia vi fu questa grande stagione di
matriarcato agricolo, stagione breve ma straordinaria, di equiparazione di
genere. Furono istituiti per chi otteneva risultati degni di nota nella
produzione agricola anche premi in denaro e premi simbolici come la Medaglia
d’Oro al Valore Agricolo; una di queste medaglie fu conferita dal Ministero
dell’Agricoltura ad una contadina del maceratese e ciò ebbe ampia eco nella
regione. La emancipazione della donna, che subentrò durante la grande guerra
nelle fabbriche e nei campi a sostituire gli uomini, sembrava essere avviata,
ma al ritorno degli uomini dalla guerra, tutto ritornò come prima. Il Fascismo
affossò ogni istanza di emancipazione di essa nelle sue organizzazioni; per le
contadine la associazione creata fu quella delle “Massaie Rurali” nell’ambito
della Opera Nazionale Dopolavoro già citata. Fino a qualche decennio fa ancora
faceva bello sfoggio nelle case di campagna, accanto ad immagini sacre, attestati,
medaglie e benemerenze di questo periodo, ricordo della nonna o della bisnonna,
conservati più per affetto e riconoscenza che per scelta ideologica.
(continua)
[1] Il
corsivo è tratto, come i precedenti articoli dalla tesi di Laurea di Filippo
Scarponi, Anno Accademico 1928-1929, cit.
[2] Sull
Opera Nazionale Dopolavoro, le sue finalità, consistenza e scopi vds Ricciotti
L:, Il Partito Nazionale Fascista. Come era organizzato e come funzionava. Il
partito che mise l’Italia in Camicia nera, Milano, Rizzoli, 1985,
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