Al
riguardo, sempre in merito alla raccolta dei feriti sul campo di battaglia,
merita una qualche attenzione la testimonianza di Giovanni Spinsanti, classe
1929. Abitava nella casa colonica della sua famiglia, Casa Spinsanti. Nella
tarda mattina del 17 luglio 1944, oltre il mezzogiorno, ricorda Giovanni
Spinsanti, un plotone di circa una trentina di soldati, non ricorda se erano
fanti oppure arditi, ma comunque erano soldati italiani, era giungo vicino a
casa; maldestramente non fece le dovute segnalazioni alla propria artiglieria,
e questo assembramento fu notato. Una salva ben precisa arrivò, Giovanni Spinsanti
lo rimarca con precisione, “da dietro”, e cadde al centro del plotone,
provocando morti e feriti. Oggi si direbbe “azione negativa da fuoco amico”, un
deprecabile errore. Nel 1944 era, sopratutto nella confusione di quella
mattinata, non errore facilmente comprensibile, anche se si pensa come era
diretto il fuoco dell’artiglieria, andando a rileggere la testimonianza del s.
ten. Lodi descritta in queste pagine. .
Gli ufficiali sul posto subito organizzarono i soccorsi ai feriti e diedero
disposizioni per lo sgombero sul primo posto medicazioni e raccolta feriti, che
si trovava a Monte Polesco. Chiesero aiuto a Giulio Spinsanti, classe 1925, e a
Santicchia Cesare, suo cugino, affinchè trasportassero con carri trainati da
bestiame, il classico “biroccio” della campagna marchigiana, i feriti a Monte
Polesco.
Giulio
Spinsanti e Cesare Santicchia si misero a disposizione. Sul primo “biroccio”,
quello di Giulio Spinsanti sono stati caricati 5 feriti, sul secondo, quello
condotto da Cesare Santicchia, 4 feriti. Messisi in cammino, Giulio Spinsanti
voleva prendere una scorciatoia, da lui ben conosciuta che da casa Spinsanti
portava a Monte Polesco. Un ufficiale, intervenuto, insistette affinchè
prendesse la strada conosciuta e che era stata battuta dai soldati italiani,
ritenuta da questo ufficiale più sicura. Prendere un sentiero non precedente
usato significava correre grave pericolo per via delle mine, che i tedeschi
avevano disseminato dappertutto.
Giulio
Spinsanti accetta l’ordine di passare per la strada indicata dall’Ufficiale;
lungo il tragitto, al di qua del Musone, suo cugino, Cesare Santicchia, oltre
ai lamenti degli altri feriti, sente la richiesta costante di uno che chiede di
essere ucciso, per porre fine alle sue sofferenze. In continuazione questo
soldato gli chiede “Ammazzami,ammazzami!!!”
Al guado
del Musone la tragedia.
Il primo biroccio, appena iniziato a guadarlo, urta una mina
controcarro che lo fa saltare in aria: muoiono tutti, Giovanni Spinsanti, e
tutti e cinque i feriti trasportati, le bestie dilaniate. Cesare Santicchia si
ferma; giudica opportuno non proseguire, per paura di saltare su una nuova
mina; quindi ritorna indietro, a cercare aiuto, lasciando sul posto il secondo
biroccio con gli altri quattro feriti.[1]
[1]
Testimonianza raccolta dall’autore in data 25 agosto 2013 da Giovanni Nazzareno
alla presenza di sua moglie, Sig.ra Quecetti Gina, classe, 1935, di suo figlio
Nazzareno Spinsanti con la sua signora, Elisabetta Magagnini, e sua nipote
Elena. Presente inoltre del Sig. Maria Manuali. Si ringrazia, oltre alla
famiglia Spinsanti per la squisità disponibilità l’amico Stefano Papalini, che
ha permesso la realizzazione di questa intervista testimoniale.
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