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venerdì 19 novembre 2021

Ancona La Piazzaforte 1860 Il Vettovagliamento

 Ancona Piazzaforte Pontificia

1. La Piazzaforte di Ancona nello Stato Pontificio. La storia. 2. Le opere principali della Piazzaforte. 3. Il nemico è a conoscenza di tutti i dettagli della Piazzaforte 4. I miglioramenti della Piazzaforte del de La Moricière dall’aprile al settembre 1860. 5. I dati tattici della Piazzaforte: il terreno e le comunicazioni,i punti tatti, l’armamento. 6. La Guarnigione, la consistenza teorica e quella effettiva. 7. Le Caserme. 8. Il Vettovagliamento. 9. Il Morale

Massimo Coltrinari 

8. Il Vettovagliamento

La piazzaforte doveva far fronte a viveri per una popolazione di circa 30.000 anime, tale era la popolazione di Ancona nel 1860; in più il personale militare e la guarnigione. In vista dell’assedio le normali riserve di viveri vennero accresciute nel mese di agosto. Da Trieste dovevano giungere ulteriori derrate specie di grano e di carni salate. Nella ipotesi che sicuramente in un eventuale assedio si sarebbe perso il controllo dei molini della foce dell’Esino e quindi la piazzaforte non avrebbe avuto più disponibile il grano macinato, fu messo in funzione presso Porta Calamo un molino a vapore.

Il de La Moricière nella sua relazione rileva come la situazione del vettovagliamento non fosse delle migliori.  Scrive:

Il 16 settembre sera il Sig. Sotto Intendente ferri era giunto dal Porto di Recanati sopra il San Paolo con il Tesoro. Sbarcando seppe che la piazza mancava di farina da tre giorni e che la guarnigione era ridotta al biscotto. Questa condizione era frutto della negligenza (dovrei adoperare una parola più severa) del servizio amministrativo. Le forniture di farina e di pane erano state date agli Agenti più noti della rivoluzione. Non si erano prese provvidenze opportune,per assicurarsi se nei magazzini vi fossero le provvigioni di farina che vi dovevano essere; ed avevano aspettato che l’esercito nemico occupasse con forze i molini di Fiume Esino per domandare alla Autorità militare di spedire le truppe a cercarvi grosse provvigioni di farina che dovevano esservi per suo conto. L’Autorità militare rifiutò con ragione la spedizione, essendo pericolosissimo er numero inferiore delle nostre forze,e di più inutile, pressoché sei Piemontesi avevano trovate le farine nel Molino, era certo che ne avevano disposto in loro pro. Il Sotto Intendente Ferri, apprezzando la gravita della situazione, partì la notte stessa sopra il vapore del Loyd, il quale per buona sorte ancorava in Ancona e doveva far viaggio a Trieste. Giunse in quella città l’indomani ed ebbe la buona ventura di poterci mandare per mezzo de battello del Loyd che ci arrivava mercoledì 19 un grosso carico di farina che faceva sparire le nostre difficoltà rispetto alla guarnigione.

Ma si trattava per un assedio di provvedere in parte almeno al fornimento della popolazione, poiché Ancona non vi ha molini. Per lo addietro si era stipulato un contratto per istabilire un molino a vapore destinato al servizio dell’esercito. Questo molino che doveva essere terminato per il 15 settembre al più tardi, non girava ancora. In questa faccenda esservi stata negligenza o mala fede, giacchè 36 ore bastarono a mettere in moto la macchina”.[1]   

 

Ai primi di settembre era stato pure creato un piccolo parco buoi per sopperire alle esigenze di carne fresca, da destinare per lo più agli ospedali, essendo sufficiente per le necessità di pochi giorni. Sempre il de La Moricière scrive:

 “Questo non era tutto:era stato trascurato eziandio il fornimento della carne fresca. Il poco bestiame che avevamo potea bastare per due o tre giorni e conveniva tenere in serbo per gli Ospedali, in cui avevamo 400 ammalati. Già si era cominciato a distribuire carne salata. Incaricai il maggiore Quatrebarbes di provvedere all’apprestamento della carne e vi riuscii al di là di ogni nostra aspettazione. I contadini del dintorno i quali avevano lucrato molto nel corso dei lavori erano grati e trovarono modo d’ingrossarci il bestiame a dispetto delle guardie e delle squadriglie del nemico”[2]  

 

Un cenno è da farsi per l’approvvigionamento idrico. L’acqua ad Ancona non mancava. Era assicurata dalle sorgenti della valle dei Giardini e quattro fontane della città erano alimentate dalle sorgenti site nella Valle degli orti. Queste fontane si trovavano in Piazza Grande, a Porta Calamo, a Piazza Nuova ed al Porto. In totale i pozzi e le sorgenti sorgive erano 39.

In una relazione al de La Moriciére, il de Quattrebarbes assicura il comandante[3] in capo che Ancona, sotto il profilo idrico, può reggere un assedio prolungato.

 



[1] Relazione de La Moriciére

[2] Relazione de La Moriciére

[3] Lo fa con un rapporto in data 5 settembre 1860


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