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mercoledì 29 giugno 2022

Osimo ela questione agraria. Il Contadino Osimano


 

Osimo e la Questione Agraria. /2

La premessa di uno studio. IL contadino osimano.

 

Terminate le celebrazioni per la traslazione della Salma del Milite Ignoto da Aquileja a Roma, e raccolto introno all’evento il massimo consenso possibile, il passo successivo nella scena politica nazionale italiana era concretizzare, in quel fine 1921 i risultati della Vittoria nella Grande Guerra, ovvero si era creato un clima di aspettative e di fiducia affinchè i tanti sacrifici fatti, i lutti subiti e sopportati avessero compenso in qualche cosa di tangibile. Il re nel suo proclama dell’8 novembre 1917, nei giorni più cupi del ripiegamento dall’Isonzo al Piave, quando tutto sembrava perduto, in un proclama all’Esercito ed al Popolo Italiano promise senza mezzi termini e a chiare lettere che, se la vittoria fosse stata conseguita, si sarebbe affrontata la annosa questione agraria, che dall’Unità per oltre 60 anni era stata il nodo di contrasto tra le classi dominanti, con gli agrari in testa, e le classi proletarie, con i contadini in testa.

 Un illustre figlio di Osimo, che nel campo della Agricoltura sarà protagonista di importati stagioni a cavallo della Seconda guerra Mondiale, Filippo Scarponi, scelse come tesi di laurea, nell’Anno Accademico 1929 -1930 di affrontare nei suoi dettagli quello che sarebbe stato il nodo non sciolto degli eventi del 1922: la mezzadria. Il Titolo della tesi è “

Il Colono Mezzadro ed il Piccolo Proprietario Coltivatore in un Comune Rurale di una provincia marchigiana.” Inutile dire che il comune rurale era Osimo e l’oggetto della tesi era l’analisi socio-economica delle due figure enunciate: il colono mezzadro e il piccolo proprietario coltivatore. Dalla lettura della tesi, che sarà il filo conduttore delle nostre note per questo giornale, emerge uno spaccato della società osimana sia nelle sue componenti cosiddette “ricche”, cioè il proprietario terriero che vide del capitale “terra” che di colui che in varie forme presta “il lavoro”, cioè il contadino. Anticipando quelle che potrebbero essere delle conclusioni, entrambe le categorie, sia i “ricchi” che “i contadini con questo sistema attraverso i sistemi adottati, come la mezzadria avevano un rapporto costo/efficacia molto basso. Cioè a dire i “ricchi” non erano poi così ricchi come si poteva credere, avendo loro grosse difficoltà; ed i contadini, nonostante l’impiego di tutta la famiglia, di tutte le braccia disponibili della famiglia, anche dei minorenni, non riuscivano ad uscire dalla povertà cronica che avevano ereditato dai loro padri. Difendere questo sistema fu uno degli errori più gravi di allora; basti vedere gli sviluppi che si ebbero dal 1848/1849 quando fu risolta la questione agraria quanta ricchezza arrivò per entrambi le parti.

Questo, a latere, presenta Osimo come era negli anni trenta, uno spaccato della realtà osimana che Filippo Scarponi descrive con precisione ed oggettività Dato il costume del tempo, però, la presentazione del lavoro non poteva non avere una certa qual forma retorica.

“Con le più alate parole, che la fantasia è capace di dettare, con le concezioni sublimi della loro mente eletta, poeti antichi e moderni, prosatori illustri, giornalisti emeriti, hanno cantato e cantano le lodi dell’uomo, che alla terra dedica la sua intelligenza e che su essa sparge le gocce della sua fronte. Hanno cantato questo lavoratore, immerso nella pace feconda del campo, con il torace allargato nel respiro ampio, nelle cui braccia nude i muscoli poderosi risaltano, come se uno scalpello l’avesse cesellati nel marmo; hanno veduto di esso la parte poetica, la parte sentimentale. Questo hanno fatto i poeti, le anime elette. Poco però gli studiosi sono entrati nell’intimo della vita di questi individui, hanno studiato la loro esistenza, hanno veduto le loro condizioni. SE qualche lavoro si nota in tal senso, prima della guerra rari o quasi nulli invece, sono quelli che si trovano oggi dopo il fenomeno bellico. Quindi se ancora nelle deduzioni eventuali noi ci riportassimo a quelle notizie prebelliche, commetteremmo un errore fondamentale, giacché molteplici fattori, concomitanti hanno influenzato l’agricoltura italiana, sì da modificarne sostanzialmente la vita. E’ necessario pertanto conoscere intimamente questa massa poderosa, per saper dettare ad essa giuste leggi; è necessario studiare profondamente la vita di questi artefici, molte volte inconsapevoli, del benessere nazionale. Come raggiungere questo scopo Le monografia di famiglia ci offrono il mezzo migliore.”

Rileva come la guerra ha cambiato tutti i parametri e nel 1930 il contadino non è più quel dell’anteguerra. Rileva anche il dato essenziale che il contadino era l’artefice del benessere nazionale, in una società come quella di allora, sostanzialmente basata sull’agricoltura.

(continua)

 

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