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mercoledì 10 agosto 2022

Osimo e la questione agraria 4 La Comunità rurale


 

Osimo negli anni trenta. Comune rurale.

 

Osimo al 31 dicembre 1928, come visto nel precedente articolo, aveva una popolazione che ammontava a 20448 abitanti, di cui 1/3 entro le mura, in quello che oggi definiremo il centro storico, e a ridosso delle mura con il suo borgo, una parte sparsa nella campagna, in abitazioni poderali, e il rimanente agglomerata in sei piccoli centri campagnoli, la cui popolazione era per lo più composta da artigiani, piccoli proprietari terrieri non autonomi che integrano le loro rendite o con il pascolo abusivo, integrato anche con la raccolta abusiva di legna o concedendo i propri servizi alla popolazione rurale; assenti,  se non sporadicamente, operai nel tradizionale senso della parola.

Filippo Scarponi, da cui traiamo dalla sua tesi di Laurea queste note, da una interessante valutazione sulla indole di questa popolazione, molto accademica e di maniera, come si conveniva nel mondo accademico di allora. Viene detto che le vicende politiche del passato, riferito questo passato al biennio rosso 1919-1921e nei anni immediatamente successivi “se pure non hanno trovato nel Comune degli attori ferventi”[1] non si notato retaggi di sorta e tracce profonde. Un effimero modo accademico per indicare mesi ed anni di profondo contrasto, risolto nel modo che tutti sappiamo e che negli anni trenta ancora non era stato completamente assorbito. Un contrasto che apparentemente si era risolto, ma sotto la cenere il fuoco covava, che riprese con vigore all’indomani della crisi armistiziale e nella lotta di liberazione, punteggiata da episodi alcuni anche tragici. Negli anni trenta la rassegnazione aveva preso il sopravvento. “ Si lavora la terra, in silenzio, si attendono i suoi frutti, nulla si chiede e si cerca di raggiungere il risultato massimo con i propri mezzi”. Ci si trova di fronte, secondo Filippo Scarponi, innanzi “ ad una delle schiette espressioni del popolo Piceno, di questo popolo sobrio e laborioso che rimane, molte volte per incoscienza, chiuso nella sua potenzialità, attendendo che altri pensano innanzi a lui e lo lasciano costantemente nell’ombra.” Una interessante osservazione se si pensa che Ancona è dorica, con un confine etnico ben marcato, tutta protesa verso il mare ed i suoi commerci, con a nord oltre Agugliano il confine con popolazioni di influenza gallica, con riferimento Senigallia, tutti abitanti che negli anni trenta mostrarono più irrequietezza politica e meno acquiescenza. Non vi è lo spazio per altre considerazioni, ma si comprende come Osimo abbia sempre guardato più verso l’interno, verso Roma, che verso il capoluogo che rimaneva, ieri come oggi, distante ed in tante componenti, estraneo.

Il carattere di Osimo negli anni trenta è essenzialmente agrario, in esso si vive per l’agricoltura, per esso si lavora, da essa si mangia. Definisco in tal modo il Comune, poiché pur essendovi delle industrie queste sono strettamente legate alla campagna, che fornisce loro la materia prima da trasformare- Tale industrie, però, interessano solamente la popolazione paesana che vi trova lavoro fatta eccezione di una concessione di tabacco ove si manipola il prodotto ed in cui, stagionalmente vengono impiegate numerose donne, nella maggioranza appartenenti a famiglia contadine. Parecchie altre piccole industrie vivono nel Comune, ma rasentano l’artigianato e tutte hanno come compito di fornire i materiali più svariati ai contadini.”

Le sedi di queste piccole industrie artigianali degli anni trenta oggi o sono state trasformate oppure, purtroppo lasciate a se stesse e deturpano l’arredo urbano. Basta guardare anche dall’alto quella che è l’area dell’ex lavatoio o sotto le mura di Via Cinque Torri per avere una qualche riferimento. Un tubo di stufa che ancora rimane ed esce solitario di quel tratto di archi di mura è struggente, quasi un invito a rivitalizzare e riutilizzare questi spazi.  In molti paesi dell’Umbria, in simili contesti, queste sedi sono state trasformate in bar, punti di ritrovo, luoghi per mostre e intrattenimento che arricchiscono l’offerta turistico-culturale ma soprattutto danno all’arredo urbano un livello più accettabile. Osimo, come comune rurale, sapeva trovare soluzioni che oggi rimangono solo auspicabili.     



[1] Il corsivo è tratto da Filippo Scarponi, Il colono mezzadro ed il piccolo proprietario coltivatore in un  comune rurale di una provincia marchigiana, Tesi di Laurea, Anno Accademico 1929 -1930

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