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venerdì 10 settembre 2021

Ancona 1860. La Piazzaforte. La Storia

 

Ancona Piazzaforte Pontificia

1. La Piazzaforte di Ancona nello Stato Pontificio. La storia. 2. Le opere principali della Piazzaforte. 3. Il nemico è a conoscenza di tutti i dettagli della Piazzaforte 4. I miglioramenti della Piazzaforte del de La Moricière dall’aprile al settembre 1860. 5. I dati tattici della Piazzaforte: il terreno e le comunicazioni,i punti tatti, l’armamento. 6. La Guarnigione, la consistenza teorica e quella effettiva. 7. Le Caserme. 8. Il Vettovagliamento. 9. Il Morale

 

 

 

1. La Piazzaforte di Ancona nello Stato Pontificio. La storia

 La Piazzaforte di Ancona rappresenta la quinta essenza della storia della città. Come si è sviluppata la Piazzaforte così si è sviluppata la città di Ancona, almeno fino alla seconda guerra mondiale. Da quella data l’incidenza militare sullo sviluppo urbanistico di Ancona è andata via via affievolendosi, per poi scomparire del tutto a cavallo della fine del secolo ed inizio del nuovo millennio.[1]

Un rapido cenno storico sullo sviluppo delle fortificazioni di Ancona è stato già riportato in una precedente pubblicazione[2], ma per completezza né riportiamo i punti essenziali, e dedichiamo anche per questo lavoro ulteriori note sulla piazzaforte.

Le vicende delle fortificazioni di Ancona furono variegate Le antica mura prima greche e poi romane e tardo romane scomparvero in virtù della demolizione che fecero i Saraceni nell’846; furono ricostruite in epoca longobarda e brillantemente ressero all’assedio del 1173.[3] Ebbero ulteriore sviluppo nel secolo XIII, inglobando l’erta di Capodimonte, e si allargarono ulteriormente nel XIV secolo, anche per fronteggiare la minaccia turca.

Le migliorie che dal Cinquecento in poi sono state apportate alle mura d’Ancona sono dipese dalla volontà di attuazione dei vari Papi susseguitesi al soglio.

Clemente VII, nel 1530 ottenne dai Magistrati  della Repubblica d’Ancona l’assenso a fortificare ulteriormente Capodimonte; in realtà, due anni dopo nel 1532, grazie all’opera dell’ingegner Antonio Piccoli, detto Antonio da Sangallo il Giovane, costruì opere tali che permise al Papa di assoggettarla.[4] Ancona perdeva la sua indipendenza e cadeva sotto il dominio del Papa, che durerà fino al settembre 1860, divenendo un asse strategico fondamentale dello stato pontificio e, a sostegno del potere temprale dei Papi, doveva essere adeguatamente rinforzata. Iniziavano quindi quelle opere che trasformeranno l’Ancona cinquecentesca radicalmente, dandogli l’impronta moderna e contemporanea.

 Il Sangallo, in base allo sviluppo dell’artiglieria,  costruì le fortificazioni e la Cittadella, che divenne il nucleo fortificatorio principale della cinta di difesa di Ancona, secondo le regole del sistema bastionato. Il ruolo nuovo che Ancona assunse ed il suo sviluppo in potenza, lo deve alla costruzione della Cittadella, a cui presto si aggiunse il Campo Trincerato, sistemi fortificatori questi che saranno centrali nella difesa pontificia del 1860.

Sotto Papa Paolo III i lavori iniziati continuarono: furono costruiti i baluardi di San Pietro e di San Paolo, i cavalieri dell’Arsenale e del Cassero, l’opera di San Marco e fu terminata la Cittadella. Papa Giulio III, chiamato il Paciotto, iniziò i lavori della Lunetta di Santo Stefano e soprattutto del Campo Trincerato. Papa Pio V, grazie all’opera del Fontana, migliorò e in qualche punto restaurò  il Cardetto, erigere i baluardi di Sant’Agostino e del Lazzaretto e congiungere questi con la Cittadella.

Gregorio XIII iniziò il muro del campo trincerato e completò diverse opere, mentre il Gavitelli, il Lecchi e il Marchionni si alternarono a migliorare la difesa del porto con varie opere.

Agli inizi dell’ottocento e fino al 1860 la storia delle fortificazioni di Ancona si arricchì sempre più in virtù del susseguirsi degli avvenimenti che videro la Dorico coinvolta. Dal 1798 al 1799 i Francesi migliorarono significativamente le difese di Capo di Monte, eresse lunette a Santo Stefano e allo Spirito Santo, oltre che ai Cappuccini e a monte Cardetto.[5] L’assedio del 1799 è descritto così, nella sua Storia d’Italia, dal Botta:

 

“Meniva, con qualche trincea e forze di artiglieria, la Montagnola, che domina la strada per Senigallia. Più vicino alla piazza, fortificava con un ridotto frecciato, palizzato ed armato di 24 pezzi d’artiglieria, il Monte Gardetto, il quale, siccome quello che signoreggiava la Cittadella e il forte dei Cappuccini, era di grandissima importanza, ed il principale mezzo di difesa, perché se il nemico se ne fosse impadronito, avrebbe fatto vano il resistere degli assediati. Aveva anche munito il Monte Santo Stefano che più da vicino del Gardetto batte la cittadella. Perché poi l’adito fosse intercluso al nemico di avvicinarsi a questi due monti, nella conservazione dei quali consisteva quella piazza, guarniva anche di trincea e di artiglieria i monti Pelago e Galeozzo (Pulito) che sono i propugnacoli naturali e le opere avanzate di Monte Gardetto e di Santo Stefano”[6]

 

Conquista Ancona, nel 1800 gli Austriaci provvidero a restaurala dai danni subiti nell’assedio; fino al 1815 le fortificazioni, da parte dei Francesi e dei Napoletani di Murat svolsero lavori di mantenimento e miglioramento.

Il generale austriaco Geppert, dopo la sconfitta di Murat a Tolentino nel maggio del 1815 ordinò la demolizione delle principali opere di difesa di Ancona, che fu eseguita in parte anche con l’uso di mine; vennero atterrate la lunetta di Santo Stefano e dello Spirito Santo; gravi danno ebbe a subire il forte di monte Cardetto, il cavaliere basso della Cittadella e diversi salienti del Campo Trincerato e del forte dei Cappuccini.

L’opera di ripristino e di costruzione riprese nel momento in cui Ancona passò di nuovo sotto il potere dei Papi. Pio VII ordinò di fermar ogni demolizione e qualche opera ricevette dei restauri.

Nel 1831 ritornarono gli austriaci, seguiti dal francesi che vi rimasero dal 1832 al 1838, che migliorarono alcune opere e costruirono trinceramenti verso Monte Pulito e Monte Pelago.

Gregorio XVI, nel 1839, tra le altre iniziative, fece eseguire restauri dell’opera di Capodimonte  e fece ricostruire il cavaliere da basso della Cittadella.

L’assedio del 1849 vide le opere fortificatorie di Ancona in primo piano. Gli austriaci nel porre l’assedio, presero monte Pelago, monte Pulito e monte Marino. Ripristinarono e ripararono, rinforzandole, queste opere da cui lanciarono l’attacco finale alla città.

Durante la loro occupazione, dal 1849 al 1859, eseguirono nuove riparazioni alla lunetta di Santo Stefano, al forte dei Cappuccini, ed al forte di monte Cardetto.  



[1] Non certamente con qualche rimpianto per l’opera degli Architetti Militari, a fronte delle realizzazioni degli Architetti Civili che hanno realizzato, su aree completamente vergini prima agricole, agglomerati con un basso rapporto spazio/volume, strade strette e contorte, pochissimo se non inesistente verde, parcheggi inesistenti, viabilità a scarso indice di scorrimento, per non dire del rapporto paesaggio/ambiente, ed altre “deficienze” che rendono la vita quotidiana nei nuovi quartieri all’anconetano del nuovo millennio veramente difficile. Speculazione e interessi di bassa leghe sono stati i fattori dominanti delle scelte urbanistiche, a tutto svantaggio della collettività e di Ancona.

[2] Coltrinari M., L’investimento e la presa di Ancona. La conclusione della campagna di annessione delle Marche. 20 settembre- 8 ottobre 1860, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2010. pag. 59 e segg. Ritenendo, peraltro, che il Lettore non abbia la volontà o la possibilità di consultare la pubblicazione predetta, riportiamo di nuovo qui, integrandolo, gran parte di quanto si scrisse in quel capitolo dedicato alla piazzaforte di Ancona. Vds nota  26. (controllare)

[3] Per questo assedio vds. Morroni M. (a cura di), Boncompagno da Signa, L’assedio di Ancona nel 1173 (Liber de obsidione Ancone), Ancona, Edizioni Canonici, 1991; Garbini P., (a cura di), Boncompagno da Signa, L’assedio di Ancona nel 1173 (Liber de obsidione Ancone), Roma, Libreria Editrice Viella, 1999; per una sintesi dell’Assedio vds, Turchetti M., Quadro storico. L’assedio del 1173, in Censi C., Stamira. L’eroina di Ancona tra storia e leggenda, Ancona , Edizioni Laboratorio Culturale di Ancona, 2005  

[4] Per l’opera del Sangallo e degli altri architetti militari vds. il paragrafo seguente.

[5] Le fortificazioni erano abbastanza efficienti che permisero al generale Monnier di resistere per oltre tre mesi, fino al novembre 1799, ad un assedio combinato di forze turche, russe ed austriache, con soli 2300 uomini

[6]  Botta F., Storia d’Italia, Firenze Ediz. Librerie, 1888. Volume IV

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