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martedì 19 ottobre 2021

Ancona La Piazzaforte 1860. I dati tattici 5

 Ancona Piazzaforte Pontificia

1. La Piazzaforte di Ancona nello Stato Pontificio. La storia. 2. Le opere principali della Piazzaforte. 3. Il nemico è a conoscenza di tutti i dettagli della Piazzaforte 4. I miglioramenti della Piazzaforte del de La Moricière dall’aprile al settembre 1860. 5. I dati tattici della Piazzaforte: il terreno e le comunicazioni,i punti tatti, l’armamento. 6. La Guarnigione, la consistenza teorica e quella effettiva. 7. Le Caserme. 8. Il Vettovagliamento. 9. Il Morale

Massimo Coltrinari 


5. I dati tattici della Piazzaforte: il terreno, le comunicazioni, i punti tattici, l’armamento.

Il terreno.

Fondamentale per la struttura della Piazzaforte è la conformazione del terreno. Il “gomito” o promontorio su cui Ancona è sorta è dato da un allineamento di rilievi medio bassi costieri, declinanti verso il mare, aventi direzione da sud-est  a nord-ovest, che terminano nel porto della città; a questi si aggiunge un gruppo collinoso più a ovest che si individua con le alture di monte Ago e di Posatore e della Montagnola. Questo gruppo di alture è separato dal sopradetto allineamento da un largo solco rappresentato dalla piana della Baracola ( o Baraccola) e dal piano di San Lazzaro ( o Pian San Lazzaro).

Numerose linee di spostamento solcano la zona; più marcate e precise nelle adiacenze del Monte Conero, a ragione della durezza del terreno, più corrette e meglio raccordate ad occidente del passo di Varano, stante la minore compattezza del suolo.

L’allineamento costiero si articola in tre ben distinte linee di rilievo: la linea di monte Guasco, monte dei Cappuccini, monte del Garretto e della Via di Santa Margherita; la linea di rilievo su cui sorge la Cittadella, di monte Pulito, di monte Pelago, di Pie della Croce, di Altavilla, di monte Venanzio, di monte Carlin e dei monti dei Corvi; infine la terza linea di rilievo, quella della dorsale delle Grazie e di monte Baldino.

Il gruppo collinoso di Monte Ago, del Posatore ( o di Posatora) del Montagnolo è circoscritto dalla piana, o al tempo del 1860, della depressione della Baraccola e del piano di San Lazzaro, ad oriente e l’ampia insenatura di Valle Lunga ad occidente; esso non ha caratteristiche sue proprie ma pocci larghi modellati dall’erosione delle acque, accordi facili tra i poggi e discreto dominio di quei rilievi che degradano verso il mare.

Il terreno, dal punto di vista tattico consiste in fasci di rilievi che s’abbassano sulla città lungo il margine costiero a capisaldi intermedi e ad avvallamenti tra i capisaldi stessi e tra le linee di rilievo; i fasci, a loro volta, si addossano ad ovest ad un gruppo collinoso piuttosto complesso che li fiancheggia di modo che vi sono di continuo appigli ed appoggi.

Le comunicazioni

Nel 1860 le comunicazioni che collegavano Ancona al suo territorio consistevano nelle seguenti strade:

-        “Litoranea” o delle Romagne, che collegava Ancona a Senigallia, Pesaro, Rimini, che seguiva il litorale, attraversava il Borgo Pio, ed entrava nella città per la via di Porta Pia. Il suo stato di conservazione ed uso era eccellente.

-        “di Loreto”, ovvero la strada postale per Roma; da Loreto per Camerano superava lo spartiacque nei pressi di mote Ago e discendeva nella valletta tra Ancona e Montagnolo al piano di San Lazzaro

-        “di Macerata”. Anche questa portava a Roma via Colfiorito. Da macerata per Osimo, Quadrivio di San Biagio, superava lo spartiacque al Pidocchio e, discesa al piano di San Lazzaro, si riuniva alla strada di Loreto, immettendosi poi nel Borgo Pio.

Entrambe le due ultime strade erano mantenute in buono stato di manutenzione, avevano un buon tracciato, ma in alcuni tratti toccavano pendenze notevoli

Le strade secondarie erano rappresentare dalla litoranea del Conero che da Numana, per Massignano, monte Venanzio giungeva a Pietra della Croce, qui si divideva in due rami pressoché paralleli che mettevano ad Ancona una alla porta Calamo, l’Altra per la piana degli orti ( oggi viale della Vittoria) alla porta Farina. Altra strada secondaria era quella Gallignano, Montagnolo Ancona, che però era in mediocre stato d’uso. Questo sistema di strade era collegato con strade secondarie, mal tenute  e spesso tracciate in maniera speditivi.

 

I punti tattici

I punti tattici della Piazzaforte di Ancona nel 1860 di appoggiavano sulle opere della Piazzaforte, già descritte. La difesa era imperniata su un perimetro complessivo della cinta bastionata, per uno sviluppo complessivo di oltre 7000 metri., ovvero di un poligono irregolare di quattro lati, dei quali due erano rivolti al mare e due verso terra.

Dal lato terra la piazzaforte di Ancona aveva una cinta che era rafforzata da due estremi: all’estrema sinistra ( ad est) del forte dei Capuccini, a destra (ovest) dalla Cittadella e dal Campo Trincerato. Lungo questa cinta si aprivano, come punti deboli della difesa, due porte, in vero ravvicinate l’una all’altra: Porta Farina, fiancheggiata dalla faccia destra del bastione di San Pietro a nord, e Porta Calamo a sud, questa protetta dalla batteria degli Zoccolanti.

Le maggiori bocche da fuoco del Forte dei Cappuccini erano rivolte verso il mare, verso levante, per dare protezione alla fascia costiera; la spalla destra dei Cappuccini batteva la falda occidentale di monte Cardetto e fiancheggiava il bastione di San Pietro, verso la valle degli Orti, oggi Viale della Vittoria.

Il ridotto della piazzaforte di Ancona, posizione di resistenza, era rappresentato dalla Cittadella: questa consisteva in quattro fronti irregolari, bastionate e, spalleggiando la destra della cinta, collegava le difese terrestri a quelle della difesa marittima mediante il tratto di fronte di Porta Pia, a ridosso di Borgo Pio, oggi il quartiere degli Archi. Ognuno di questi fronti era in grado di erogare fuoco di fucilerie sostenuto da bocche da fuoco di medio calibro.

Un ulteriore rafforzamento della difesa a terra era rappresentato dalla integrazione a sistema delle opere di Monte Cardetto: queste si trovavano a oltre 500 metri avanti al Forte dei Cappuccini e consistevano in un fronte bastionato con rivellino e rivestite nelle facce da una muratura alla “Carnot”  e chiusa, a partire dagli angoli alle spalle andando fino alla mezzaluna, da una solida palizzata. Erano in grado di erogare fuoco di fucileria, con il personale in posizione protetta.

 L’azione delle opere di Monte Cardetto  era diretta verso la piana degli Orti  e sulle alture di Santo Stefano e di Monte Pulito; inoltre il suo mezzo bastione di sinistra poteva fiancheggiare la scogliera, mentre quello di destra, mediante una strada coperta, faceva sistema difensivo con la cinta della piazza sotto il cavaliere del Forte dei Cappuccini.

La Cittadella era rafforzata nella sua azione dal cosiddetto Campo Trincerato, che era una grossa opera a corno , in terra, composta da tre fronti di buona muratura.  Adattandosi al terreno, il Campo Trincerato avanzava verso l’aperta campagna con saliente assai  acuto. Da occidente fiancheggiava le difese della cinta incrociando i suoi tiri con quelli del Cardetto; batteva frontalmente l’altura di monte Marino e tutta la piana, compresa la strada, della Baracola; s’appoggiava a destra alla strada coperta della cortina ovest della Cittadella, in modo da essere in grado di battere con tiri precisi ed efficaci le pendici di Monte Scrima, la carreggiabile di Osimo e il Borgo Pio, davanti a Porta Pia. 

Nella seconda linea di difesa, o difesa esterna, erano comprese le opere e le lunette che davano difesa tattica agli appigli del terreno. Le lunette, come visto, erano quattro, tre delle quali erano interra ed indifese alla gola: La Lunetta Scrima, di monte Pulito, di monte Pelago. La quarta, quella di Santo Stefano contava due scarpate in muratura, nonostante la loro incompletezza ed un piccolo ridotto interno. Erano tutte in gradi di erogare fuoco di fucileria con personale in posizione defilata sostenuto dal fuco di pezzi da campagna.

Le Lunette di monte Pulito, monte Pelago e di Santo Stefano guardavano i punti tattici più salienti della difesa esterna: monte Pelago, la più avanzata, intermedia e meno dominante di quella di Monte Pulito; la più arretrata di tutti era quella di Santo Stefano. Questa linea di difesa veniva completata dal posto di osservazione di Altavilla ( oggi Forte Altavilla) che nel 1860 era dotato solo di una trincea campale atta solo per avamposti .

La lunetta Scrima era all’estrema destra; serviva come protezione a Borgo Pio e a Porta Pia, volta alle alture del Pinocchio ( indicato come visto nelle carte coeve con il toponimo di Pedocchio)  e del Montagnolo, ma era debole e sotto dominio di fuoco, specialmente dalle sorgenti di Montagnolo.

La difesa a mare era consistente anche se non in grado di fronteggiare azioni di una Marina dotata della tecnologia di ultima generazione.

. L’estrema sinistra si appoggiava alla Mole Vanvitelliana, il Lazzaretto, che può essere considerato un grosso ridotto in muratura ai fini della difesa, circodato dal mare e collegato alla terraferma da un ponte di legno. Era armato da tre pezzi, atti a battere l’ingresso della rada. A sua volta era coperto o battuto dal fronte di Porta Pia, dalla spianata di Capo di Monte nonché dal bastione maestrale della Cittadella.

Sulla destra del fronte a mare vi era la Lanterna, con postazioni per batteria a tre facce e due piani l’uno in barbetta armato da quattro pezzi, l’altro in casamatta con 8 pezzi. Il molo nord del fronte a mare, era ben guardato; più arretrata rispetto alla Lanterna vi era la batteria della Sanità, armata da tre pezzi: fiancheggiava le difese interne del molo ed il rovescio della batteria della Lanterna sull’ingresso del porto. Tutti questi punti di difesa erano in grado di fronteggiare eventuali sbarchi di squadre e unità più consistenti, anche in grado di operare un tiro mirato contro le navi, in molti casi velleitario.

Il porto era chiuso da una grossa catena, tesa fra i due capi del molo nord e del molo sud: questa catena era difesa da due pontoni convertiti in batterie galleggianti e a quattro paranze ancorate ed armate con un pezzo ciascuno. Il tiro di queste sorgenti di fuoco era limitato; avevano il compito di dissuasione e di difendere la ostruzione, non in grado di azioni offensive di tiro a largo raggio, anche per la carenza di munizionamento.

All’interno del porto si avevano il Baluardo di Sant’Agostino, che era armato di un pezzo da 18 libbre, e il Bastione di Santa Lucia armato di tre pezzi sempre del calibro da 18 libbre. Sul Colle Guasco o di monte Marano vi era una batteria, protetta dall’alta scogliera, che aveva il compito di battere gli accessi marittimi e a collegare da nord le difese del fronte della difesa a mare con quella di terra. 

 

L’Armamento

In una ricognizione effettuata a meta del giugno 1860, dal comandante dell’artiglieria della Piazza, col. Lopez, si definì lo stato dell’armamento;  risultarono circa 27 bocche da fuoco in cattivo stato e non atte all’impiego. Lo stato dell’armamento risulta come alla tabella I.

 

Dalla tabella risulta quindi che la Piazzaforte era dotata di 129 bocche da fuoco così ripartite

. 19 cannoni da 54[1],

. 25 cannoni da 36,

. 11 cannoni da 27,

. 4 cannoni da 24,

. 31 cannoni da 18,

. 3 cannoni da 9,

. 10 cannoni da 6,

. 1 cannone da 4,

. 2 obici da 90,

. 5 coronate da 12,

. 10 obici corti da cent. 15,

.  3 mortai da 320 mm,

. 3 mortai da 300,

. 2 mortai da 22 mm.

A queste bocche da fuoco occorre aggiungere le 6 bocche da fuoco della 9 batteria del cap. Mayer, cioè 4 cannoni da 9 e 2 obici allungati da 15 centimetri  disponibile per le sortite o per essere utilizzate per la difesa delle lunette.

Non sono comprese anche le artiglierie della Brigata de Courthen, ed i cannoni da 24 libbre con le relative 4000 palle che arrivarono da Trieste il 9 settembre.

Tabella I: Stato dell’armamento della Piazzaforte di Ancona al giugno 1860

 

Cittadella

 

 

Maschio,

         1 cannone da 54,

 2 mortai da 220 mm.

3

Bastione del Giardino

1 cannone da 54,

3 da 36,

1 da 6;

5

Bastione Barberini

1 cannone da  36,

1 da 4,

1 mortaio da 320 mm;

3

Bastione della Guardia

1 cannone da18,

2 da 9

3

Sotto il cavaliere

1 obice corto da 150mm

1

Bastione Gregoriano

3 cannoni da 36

3

Cavaliere

2 cannoni da 36

2

Casematte

3 coronate da 12

3

 

Totale bocche da fuoco alla Cittadella

25

Bastione n.6

2 cannoni da 36, 3 cannoni da 6

5

Campo Trincerato

 

 

Bastione n. 7

1 cannone da 35,

 2 cannoni da 27,

1 cannone da 6

4

Cortina fra i Bastioni 6 e 7

2 mortai da 300 mm

2

Bastione n. 8

2 cannoni da 54,

4 obici da 150 mm

6

Cortina fra i Bastioni 8 e 9

2 mortai da 320mm

2

Bastione n.9

1 cannone da 54,

1 cannone da 37,

3 cannoni da 18,

3 cannoni da 6

8

Cavaliere di mezzo

2 cannoni da 54

2

Cavaliere della polveriera

1 cannone da 27

1

 

Totale bocche da fuoco al Campo Trincerato

32

Fianco verso gli Zoccolanti

1 cannone da 18

1

Lunetta Santo Stefano

1 cannone da 27, 3 da 18, 1 mortaio da 300mm

5

Bastione di destra

3 cannoni da 36, 1 da 18,

4

Bastione di Sinistra

3 cannoni da 36, 1 da 18

4

Mezzaluna

2 cannoni da 18, 2 obici da 150 mm

4

 

 

 

Forte dei Cappuccini

1 cannone da 56,

2 da 36,

 4 da 24,

1 da 18,

2 da 6

10

Monte Marano

5 cannoni da 54

5

Batteria Sanità

3 cannoni da 18

3

Batteria del Molo

2 cannoni da 32, 2 da 24

4

Lanterna  Batteria Superiore

4 cannoni da 54, 2 da 18

6

Lanterna Batteria in Casamatta

1 cannone da 36, 2 da 27, 1 da 15

4

 

 

 

Bastione Sant’Agostino

2 cannoni da 18

2

Porta Pia Batteria bassa

1 cannone da 54, 2 da 18

3

Porta Pia Batteria superiore

2 cannoni da 18, 2 da 6

4

Ripa Batteria inferiore

2 obici da 90

2

Ripa Batteria superiore

1 cannone da 18

1

Lazzaretto Batteria inferiore

2 cannoni da 38,

2

Lazzaretto Batteria superiore

1 cannone da 18

1

Cannoni su pontoni e Paranze

2 cannoni da 27, 4 da 18

6

Riserva alla Corte di San Domenico

1 cannone da 9

1

Difesa a Mare

Totale bocche da fuoco difesa a mare

54

 

Totale delle artiglierie della Piazzaforte

129

Nota: nella tabella non sono comprese le 6 bicche da fuoco della 9° batteria del cap. Mayer, ne le bocche da fuoco delle battere da campo della Brigata de Courten, ne i cannoni da 36 con le relative 4000 palle che arrivarono ad Ancona il 16 settembre.

 

Il munizionamento lasciava a desiderare per il fatto che troppe erano la varietà delle bocche da fuco per avere una sufficiente riserva di munizioni per ciascuna bocca da fuoco. De La Moricière aveva ad agosto incaricato il tenente colonnello Blumesthil di sovrintendere a tutti i problemi relativi all’armamento della piazza. L’attività di Blumesthil fu notevole[2]. Dopo aver ispezionato ogni pezzò, dispose lavori per la messa in funzione di affusti che presentavano deficienze. Stabilì che ogni pezzo doveva avere una riserva stabile di 400 colpi per ogni pezzo. Dispose che il munizionamento di pezzi inutilizzabili fosse di nuovo fuso o utilizzato per altro munizionamento. Furono dati disposizioni anche per il munizionamento della fanteria. Al termine di questi fervidi lavori il munizionamento era tale che si poteva sostenere un assedio per un periodo sufficiente alle esigenze del piano strategico adottato dal Comandante in Capo.

Il de La Moricère così sottolinea lo stato dell’armamento della piazza: “

Di fronte alla campagna avevamo sopra i muri 110 pezzi di assedio e 14 pezzi leggieri. Ce ne mancavano ancora venti per completare quello che si chiama un armamento di sicurezza. Eravam dunque ben lungi da quel numero che era necessario per sostenere un assedio al medesimo tempo di mare e di terra. Le provvigioni di polveri e di palle erano sufficienti, ma le bocche da fuoco erano di origine diversissime: tutte l’artiglierie d’Europa vi avevano il loro saggio, il che produce una molticiplità di calibri che rendeva difficilissima la provvigione. Perciò essendo nato qualche errore, fuvvi chi gridò al tradimento, come suol succedere in simili casi. Per ultimo, quantunque avesio lavorato molto a riparare gli affusti e ne avessimo riparati alcuni, pure ne restavano ancora di quelli la cui solidità lasciava molto a desiderare. Questo ci cagionò grave impaccio”[3]



[1] I cannoni vengono indicati con il calibro romano.

[2] Blumesthil lasciò ancona il 20 agosto per recarsi a Spoleto a rapporto dal Comandante in Capo; qui ispezionò tutta l’artiglieria della I e della II Brigata; l’ultimatum lo soprese a Spoleto e segui le colonne in marcia verso Ancona. Prese parte allo scontro di Castelfidardo e fu fatto prigioniero; non potè essere ad Ancona durante la difesa.

[3] Relazione de La Moricière.


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