4. I miglioramenti della
Piazzaforte del de La Moricière dall’aprile al settembre 1860.
Che Ancona necessitasse di lavori urgenti si rese
subito conto il de La Moricière appena sbarcato, proveniente da Trieste, ad
Ancona, diretto a Roma ad assumere il Comando delle truppe Pontificie ai primi
di aprile del
La direzione di tutti i lavori per Ancona fu affidata
ad un uomini di fiducia del de La Moriciére, il col. Guerra, reputato
comandante attivo ed intelligente. Guerra diede la esecuzione a numerosi
progetti: la riparazione di tratti di mura che il tempo ed il degrado avevano
intaccato; riparazioni al campo trincerato, ai terrapieni della batteria degli
Zoccolanti, a quelli delle lunette esterne; fu sbarrata l’entrata della chiesa
e del convento dei Cappuccini; fu costruito, come già detto, un muro, dai
Cappuccini a monte Cardeto che racchiuse il campo degli Ebrei, dando ulteriore
valore tattico all’area, oltre che contrastare le profanazioni al cimitero.
L’Arco Clementino, posto come noto a meta del Molo Nord, fu chiuso da una grossa porta e furono
demolite tutte le case che erano a ridosso delle mura tra il predetto Arco
Clementino e la Sanità.
Dopo attenti rilievi, il 14 maggio 1860 si iniziarono
i lavori per gli adattamenti al bastione ed alla lunetta di Santo Stefano, che
si rilevarono particolarmente utili il 26-27 settembre dopo che erano state
perse le lunette di Monte Pelago e di Monte Pulito. Proprio su iniziativa del
Guerra furono acquistate le sei paranze che ostruivano l’entrata del porto,
delle quali, quattro furono armate, come visto di un pezzo; inoltre furono
riparati quattro pontoni, trasformandoli in batterie galleggianti. Per tutti
questi lavori il Guerra, in media, ingaggiava dai 400 ai 500 operai al giorno,
oltre ad impiegare uomini della guarnigione e le poche unità del Genio
disponibili.
Il de La Moricière, nella sua relazione, esprime un
giudizio parzialmente positivo su tutti questi lavori, nel descrivere la
situazione tattica all’indomani del suo arrivo ad Ancona il 18 settembre 1860 :
“Le brecce delle mura erano state
rialzate; le opere esteriori compiute e migliorate; i terrapieni erano quasi
interamente finiti; le strade coperte sole mancavano dappertutto e là, dove
erano, difettavano di ordine perché non si era potuto pensarvi. Molto
maggiormente è a dirsi lo stesso degli spalti che restavano ingombri di viti,
di gelsi ed ancora di ville, che non avevamo avuto il tempo di abbattere.”[1]
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